Antiper | Due strade contro la violenza sulle donne
Il 25 novembre è la “Giornata mondiale contro la violenza sulle donne” ed è certamente un’occasione utile per denunciare una volta di più la violenza che viene perpetrata contro le donne, sia essa fisica o socio-culturale, sia essa compiuta da singoli maschi o da interi sistemi politici e sociali. E per non correre il rischio che questo problema possa diventare una bandiera reazionaria grazie alla quale giustificare la “guerra di civiltà” è bene occuparci soprattutto della violenza che viene esercitata sulle donne nel mondo in cui viviamo.
E qual è il mondo in cui viviamo? E’ una società capitalistica ovvero una società classista che è basata “per definizione”, potremmo dire, sulla violenza: la stessa proprietà privata, il “pilastro” di questo mondo, è nata e si è conservata solo grazie alla violenza. Per non parlare delle guerre attraverso le quali difendiamo la nostra “way of life”, il nostro stile di vita. A discapito di miliardi di persone? Sì, a discapito di miliardi di persone.
Il sistema economico-sociale in cui viviamo è intriso di violenza e questa violenza è quotidiana. Ogni giorno siamo bombardati da immagini di violenza e questo non può non influire anche sui nostri comportamenti. Il maschio, la violenza del maschio, sono un prodotto del mondo non un fattore antropologico. Di certo la violenza degli uomini sulle donne non è una novità. E sarebbe sbrigativo ricondurre questa violenza al “sistema” anche se certamente un “sistema” che fa della violenza, della competizione, dell’agonismo, del potere, della paura, dell’individualismo, dell’indifferenza per la vita degli altri… i suoi ingredienti fondamentali ha evidentemente enorme influenza nella crescita della violenza in tutte le dimensioni della relazione sociale (meno che in quella rivoluzionaria, che poi sarebbe l’unica accettabile).
Ma sarebbe del tutto illusorio pensare che i nostri comportamenti possano modificarsi solo grazie alla “sensibilizzazione al problema della violenza” (che pure va fatta). Un mondo non cambia le proprie concezioni e i propri comportamenti se non quando cambia ciò che determina tali concezioni e tali comportamenti. Se non c’è liberazione sociale non ci può essere neppure liberazione culturale. Dunque, possiamo parlare all’infinito di violenza sulle donne e la violenza sulle donne continuerà all’infinito, come continuerà la violenza sui minori, come continueranno la violenza di classe, la violenza imperialista, la violenza religiosa…
Contro la violenza sulle donne ci sono due strade, da percorrere entrambe: la prima è quella dell’auto-difesa delle donne (alleate, anzitutto, con i maschi della loro classe che sono stati capaci di cominciare ad allontanarsi concretamente da concezioni maschiliste). La seconda è quella di lottare per una società diversa dove la liberazione delle donne sia la condizione per la liberazione anche dei maschi da un mondo che ci inchioda tutti a ruoli sociali funzionali solo alla sua riproduzione.
Non raccogliamo dunque l’appello del femminismo borghese all’alleanza interclassista delle donne contro gli uomini, ma quello del femminismo socialista, marxista, di classe… che unisce uomini e donne nel cambiamento rivoluzionario del mondo, sapendo che le donne hanno un motivo in più per “fare la rivoluzione”.