Antiper | Persistenza storica del comunismo
L’idea di comunismo non nasce con Marx. Semmai, con Marx nasce una visione moderna di comunismo. Tracce dell’idea di comunismo nel pensiero e nella pratica degli uomini si possono trovare addirittura nell’antichità. Pensiamo solo al noto esempio del “comunismo aristocratico” di Platone che è, sì, un comunismo per le elìte, ma ciò nonostante capace di produrre un discorso politico molto interessante
«Le classi che devono guidare lo Stato sono, nell’ordine, i filosofi (coloro che posseggono più degli altri la verità) e i guerrieri (i militari che agiranno da garanti del volere dei filosofi e da difensori dai nemici esterni). Queste due classi governeranno le classi inferiori costituite dagli artigiani e dai contadini, le classi produttrici dei beni necessari alla comunità.
Le classi dominanti, tuttavia, non dovranno preoccuparsi solo del proprio bene, ma del bene comune a tutti, cosicché verranno abolite tutte quelle occasioni che potranno invogliare i reggenti alla cupidigia (prima fra tutte, verrà abolita la proprietà privata, quindi la famiglia, le donne saranno comuni a tutti gli uomini e l’educazione dei figli sarà pianificata dallo Stato secondo le diverse inclinazioni dei ragazzi)» [1].
L’idea di Platone è che alla guida dello Stato devono essere collocate solo persone disinteressate e educate a perseguire solo il bene della comunità (in sostanza, l’esatto opposto di quello che avviene nella società attuale). Ma la cosa che colpisce maggiormente è la proposta di abolizione della proprietà privata, soprattutto se si pensa al suo limitato sviluppo nel mondo antico; Platone individua nella proprietà privata di beni (e persone, attraverso la famiglia) il principale elemento di disarmonia sociale e noi, uomini e donne che viviamo in società ultra-capitalistiche, non possiamo che confermarlo.
Nel suo libro L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza Fredrich Engels ricorda come, molto prima che il socialismo divenisse “scientifico” ed anzi molto prima che nascesse un movimento politico socialista, fossero esistite riflessioni di carattere “comunistico”
«Ma, accanto all’antagonismo tra nobiltà feudale e borghesia, sussisteva l’antagonismo generale tra sfruttatori e sfruttati, tra ricchi oziosi e lavoratori poveri. E precisamente questa circostanza rendeva possibile ai rappresentanti della borghesia di ergersi a rappresentanti non soltanto di una classe particolare, ma di tutta l’umanità sofferente. E c’è di più, sin dalla sua origine la borghesia era affetta dall’antagonismo che le è proprio: non possono esserci capitalisti senza operai salariati, e nella stessa misura in cui il maestro della corporazione medievale evolveva nel borghese moderno, il garzone della corporazione e il giornaliero che non apparteneva a nessuna corporazione evolvevano nel proletario. E sebbene nel complesso la borghesia avesse il diritto di pretendere di rappresentare contemporaneamente, nella lotta contro la nobiltà, gli interessi delle diverse classi lavoratrici di quell’epoca, pure, in ogni grande movimento borghese, scoppiavano dei moti autonomi di quella classe che era la precorritrice più o meno sviluppata del proletariato moderno.
Così nell’epoca tedesca della Riforma e della guerra dei contadini si ebbe la corrente di Thomas Münzer [2]; nella grande rivoluzione inglese i Levellers [3]; nella grande rivoluzione francese Babeuf [4]. Accanto a queste rivoluzionarie levate di scudi di una classe ancora immatura fecero la loro comparsa manifestazioni teoriche ad essa adeguate: nei secoli XVI e XVII descrizioni utopistiche di regimi sociali ideali [5], secolo XVIII già teorie comuniste vere e proprie (Morelly e Mably [6]). La rivendicazione dell’uguaglianza non si limitò più ai diritti politici, essa doveva estendersi anche alla posizione sociale dei singoli; non si dovevano sopprimere semplicemente i privilegi di classe, ma le stesse differenze di classe. La prima forma con cui la nuova dottrina fece la sua comparsa fu così un comunismo ascetico che si ricollegava a Sparta. Seguirono poi i tre grandi utopisti: Saint-Simon, nel quale le tendenze borghesi conservavano ancora una certa validità accanto alla tendenza proletaria, Fourier e Owen, il quale, nel paese in cui la produzione capitalistica era più sviluppata e sotto l’impressione degli antagonismi che ne risultavano, sviluppò sistematicamente i suoi progetti per l’eliminazione delle differenze di classe ricollegandosi direttamente al materialismo francese» [7].
Nel Manifesto del partito comunista Marx ed Engels criticano i socialismi della loro epoca perché, anche quando animati da un sincero spirito di emancipazione sociale, restano ancorati al loro mondo e non riescono a pensarne uno autenticamente nuovo. Per fare un esempio, sono certamente meritevoli le iniziative assunte da Robert Owen per migliorare la condizione dei lavoratori inglesi, ma per Marx ed Engels il punto non è la conquista di migliori trattamenti salariali o sociali, bensì la conquista del potere politico e la costruzione in prospettiva di una società del tutto nuova, senza lavoro salariato e senza proprietà privata.
Per il socialismo scientifico il tema del superamento del mondo esistente è letto nel quadro di un’analisi materialistica delle condizioni storiche e politiche; viene inoltre individuata la soggettività sociale portatrice, almeno in termini potenziali, di tale superamento (posto che, senza far questo, non resta che appellarsi alla magnanimità e alla conversione delle classi dirigenti, ovviamente sempre poco inclini a tale conversione).
Il movimento operaio moderno svilupperà ulteriormente questo concetto nel 1864, all’atto di fondazione dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori nei cui statuti provvisori Marx scriverà
«l’emancipazione della classe operaia deve essere opera della classe operaia stessa; […] la lotta della classe operaia per l’emancipazione non deve tendere a costituire nuovi privilegi e monopoli di classe, ma a stabilire per tutti diritti e doveri eguali e ad annientare ogni predominio di classe» [8].
L’umanità deve attraversare tutti gli stadi di sviluppo della propria organizzazione sociale per raggiungere il comunismo che rappresenta la sintesi più alta del percorso di sviluppo delle potenzialità creatrici dell’uomo, il pieno dispiegamento della sua Gattunswesen [9].
La fase della società senza classi moderna, il comunismo, si affermerà negando-superando la fase delle società classiste che a sua volta si era affermata negando-superando la fase della società senza classi primitiva.
Per raggiungere la società comunista non si possono seguire scorciatoie o la storia, presto o tardi, si prende la rivincita
«Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché l’umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione» [10].
Questa è la chiave anche per rispondere a molte domande che derivano dalla sconfitta dell’esperienza storica di costruzione del socialismo nel ‘900. Si tratta di analizzare, più che uno scontro di idee tra dirigenti rivoluzionari, il movimento delle classi.
«Il contraddittorio processo di costruzione del socialismo del ‘900 si è rovesciato in un pieno ritorno al capitalismo; certo, anche per errori e tradimenti, ma soprattutto perché il nuovo modo di produzione non era maturo per affermarsi compiutamente (e questo si è rivelato particolarmente vero per il tipo di società in cui si sono verificate le rivoluzioni socialiste) e forse non lo era neppure la soggettività di classe che di questo processo è stata l’anima» [11].
Note
[1] Platone, Repubblica.
[2] Thomas Münzer (circa 1490-1525), rivoluzionario e ideologo dei contadini in un moto rivoluzionario in Turingia insieme alla setta degli anabattisti all’epoca della Riforma e nella guerra contadina del 1525. Gli anabattisti erano membri di una setta religiosa protestante che rigettavano il battesimo dei bambini come inefficace perché imposto in età non razionale (nota curatore).
[3] Livellatori, rappresentanti delle plebi urbane e rurali che durante la rivoluzione inglese del 1648 avanzarono le rivendicazioni più democratiche e liberali (nota curatore).
[4] Francois-Noel Babeuf detto Graccus (1760-1797), grande rivoluzionario francese, è il primo a sottolineare l’importanza della lotta di classe come molla della storia. Eminente rappresentante del comunismo egualitario. Durante la Rivoluzione francese si proclama seguace dei sanculotti e lotta contro ogni involuzione e deviazione dei vari gruppi dirigenti. Fonda e dirige il giornale Il tribuno del popolo. Dopo un primo arresto è organizzatore e animatore della “congiura degli Uguali” e si batte contro il Direttorio e i sostenitori delle alleanze di classe. Costretto all’illegalità, il suo gruppo diventa il primo “partito” retto da principi centralistici. Di nuovo arrestato è fatto giustiziare il 28 maggio 1797. Suo seguace e continuatore fu Filippo Buonarroti (nota curatore).
[5] Engels allude alle opere di Tommaso Moro e Tommaso Campanella, rappresentanti del comunismo utopistico (nota curatore).
[6] Morelly, abate francese del XVIII secolo, ispiratore di Babeuf, auspico l’abolizione della proprietà privata. Mably, anch’egli abate nel XVIII secolo, vagheggiò il ritorno all’uguaglianza primitiva e alla comunanza dei beni (nota curatore).
[7] Fredrich Engels, L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza, ed. Laboratorio Politico, Napoli, 1992.
[8] The International Workingmen’s Association, General Rules, October 1864.
[9] Cfr, Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi, Torino.
[10] Karl Marx, Prefazione a Per la critica dell’economia politica, 1859.
[11] Laboratorio Marxista, Bello e possibile. Riflessioni su comunismo e utopia Eretica n.2 2005, Controvento n.11 2006.