Antiper | Rivoluzioni
Da Rivolta araba, raccolta di interventi sulle rivolte arabe del 2010-2011.
Tanti “comunisti” ex ed extra parlamentari italiani hanno parlato per mesi con grande disinvoltura di “rivoluzioni” nel mondo arabo. Una volta, quando si parlava di rivoluzioni si usava almeno specificare se fossero democratiche, socialiste, “di nuova democrazia” (per semplificare, rivoluzioni democratiche guidate da partiti comunisti), ecc…
Oggi invece si distribuisce l’appellativo di rivoluzionario a qualsiasi cosa, forse per suggerire propagandisticamente la persistenza del discorso sulla rivoluzione contro il suo preteso superamento da parte dell’ideologia della “fine della storia”.
Ovviamente, nessuno può sostenere che quelle a cui abbiamo assistito in questi mesi nel mondo arabo siano rivoluzioni socialiste o anche solo rivoluzioni di “nuova democrazia”; per cui, l’eventuale rivoluzione non può essere che democratica. Ma da un punto di vista marxista una rivoluzione democratica non è tanto – come potrebbe suggerire onomatopeicamente il termine e come afferma la propaganda capitalistica – una mobilitazione per allargare gli spazi di “democrazia”, ma piuttosto il passaggio storico che conduce al potere la borghesia attraverso una transizione dal precedente assetto pre-capitalistico oppure il ritorno da un sistema di tipo oligarchico-dittatoriale (poniamo il fascismo italiano o il nazismo tedesco).
Era democratica la rivoluzione americana contro l’Inghilterra; era democratica la rivoluzione francese del 1789-1793; era democratica la rivoluzione russa del 1905; era nei fatti democratica la Resistenza italiana 1943-45… Ognuna di queste transizioni era “democratica”, ma le società che sono emerse da esse erano profondamente diverse le une dalle altre, soprattutto sul piano sostanziale.
E’ democratica una rivoluzione che conduce alla forma di governo della democrazia (borghese). E’ socialista una transizione che conduce alla forma di governo della dittatura dei lavoratori.
Dopodiché, il carattere “democratico” della forma di governo “democrazia” può essere più o meno ampio. La democrazia greca ammetteva gli schiavi e escludeva esplicitamente le donne dalla vita politica. In riferimento all’intera popolazione ateniese la democrazia greca era, tecnicamente, una oligarchia.
Basta definire “popolo” una parte della popolazione ed ecco che il “potere del popolo” altro non è che il potere di una parte. Del resto, una parte della popolazione italiana è tuttora (e in parte necessariamente) esclusa dalla vita democratica: sono i minori, che costituiscono più del 15% della popolazione [1]. Tra l’altro, meriterebbe una riflessione il fatto non può votare il sedicenne che ha accesso a mille fonti di informazione e che vive già pienamente la vita sociale, che va a scuola, lavora, ha vita relazionale e sentimentale…, mentre vota il novantenne non autosufficiente che guarda giorno e notte i programmi del canale unico Mediaset-RAI.
Una transizione democratica, naturalmente, è sempre molto più complessa di quanto si possa riassumere: ogni sintesi è anche una semplificazione. Le transizioni non avvengono tutti i giorni e abbracciano interi periodi storici; decenni e, talvolta, secoli. Secoli, per l’appunto, sono stati necessari alla borghesia europea per conquistare e consolidare il proprio potere politico attraverso il lungo processo storico che inizia con l’epoca dei Comuni.
La Rivoluzione Francese viene in genere indicata simbolicamente come il più significativo dei passaggi di potere dell’aristocrazia alla borghesia. Eppure, dopo la Grande Rivoluzione c’è stato Napoleone Bonaparte, poi la Restaurazione e, addirittura, con Luigi Bonaparte [2], la costituzione dell’Impero attraverso il “suffragio universale” (che ha qui dimostrato per la prima volta qualcosa che era sembrato fino ad allora agli stessi Marx ed Engels quasi impensabile, ovvero che si poteva ottenere la subordinazione del popolo con il suo stesso consenso).
Il semplice ed evidente fatto che nel mondo arabo non si sia dato – al momento – alcun passaggio di potere da una classe ad un’altra destituisce di fondamento ogni considerazione a proposito della natura rivoluzionaria (anche solo in termini borghesi) delle rivolte attuali.
Per il futuro, vedremo.
Note
[1] OpenPolis, Il calo del numero di bambini e adolescenti in Italia: “In Italia vivono circa 9,8 milioni di bambini e adolescenti. Significa che le persone con meno di 18 anni sono il 16,2% dei residenti.”
[2] Cfr. Karl Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, Editori Riuniti ed anche Luciano Canfora, Sulla democrazia, Laterza