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Xepel | Il dibattito sulla caduta tendenziale del saggio di profitto. La teoria del profit squeeze

Il dibattito sulla legge della caduta tendenziale [*] si intreccia al problema della teoria delle crisi. Negli anni ’70, alcuni economisti inglesi (soprattutto Glynn e Sutcliffe) avanzarono una teoria nota come “profit squeeze”, secondo la quale la caduta del saggio di profitto non era attribuibile alla crescita della composizione organica del capitale, che la svalorizzazione del capitale costante può contrastare indefinitamente, ma alle difficoltà nel contenere la crescita del capitale variabile (i salari) come conseguenza della piena occupazione e della forza del movimento operaio. A dimostrazione che il clima esplosivo di quegli anni aveva contagiato gli intellettuali, uno di questi economisti, professore a Oxford, aderì alla tendenza marxista del partito laburista, il Militant, e vi portò il dibattito sulla sua teoria del profit squeeze.

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Antiper | Capitalisti ottusi

Sostenere che i bassi salari costituiscono la causa della crisi [2] contrasta con l’evidenza empirica dal momento che all’inizio di ogni crisi i salari sono sempre più alti di quanto non siano alla fine. Addirittura, questo fatto ha dato origine ad una teoria (sulla crisi) chiamata “profit squeeze” [3].
Una banale spiegazione della tendenza dei salari a decrescere durante le fasi di crisi è costituita dal fatto che la crisi porta con sé un aumento della disoccupazione e questo aumento della disoccupazione porta con sé, a sua volta, un aumento della tendenza dei lavoratori ad accettare condizioni salariali e sindacali peggiorative in cambio del mantenimento del posto di lavoro [4]