Gianfranco Pala | Introduzione a Il salario sociale
Il salario, per il suo stesso carattere storico, è sociale. Dunque, l’apposizione di quest’ultimo aggettivo sembrerebbe tautologica, suona come un pleonasmo
Esaminare nel dettaglio tutti i passaggi attraverso i quali – tra il 1941 e il 1943 – si ricostituisce la rete antifascista a Milano e Torino amplierebbe troppo i limiti di questa ricerca. È tuttavia un fatto che questa ricostruzione avviene e che il partito comunista, nonostante adotti criteri organizzativi molto selettivi, alla vigilia degli scioperi di marzo può contare su una rete di centinaia di attivisti distribuiti in tutto il tessuto industriale e urbano.
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Marx non nega dunque il tema della rilevanza dell’uso che viene fatto delle macchine e non nega che le macchine potrebbero essere usate a vantaggio dei lavoratori piuttosto che a vantaggio dei capitalisti. E infatti rimanda al mittente l’accusa (che definisce una “sciocchezza”) di combattere le macchine invece del loro uso capitalistico. Il punto non è se l’introduzione delle macchine sia o meno una cosa buona, ma l’uso che di queste macchine viene fatto
Come vedremo meglio più avanti l’ipotesi centrale di questa ricerca è che nell’ondata di scioperi del marzo-aprile 1943 (e a maggior ragione in quelli successivi) si sia dato un rapporto dialettico tra l’influenza dei fattori economico-sociali oggettivi (la guerra e la paura dei bombardamenti, la povertà crescente…) e l’influenza di fattori soggettivi (l’azione politica e organizzativa degli antifascisti, segnatamente del partito comunista). Ma quale era, dunque, la capacità di azione politica e organizzativa degli antifascisti alla vigilia del marzo 1943?
Passo ora alle difficoltà teoriche che ostacolano una lettura rapida e anche, in certi punti, una lettura molto attenta del libro I del Capitale. Vorrei ricordare che è proprio appoggiandosi su queste difficoltà che l’ideologia borghese cerca di convincersi – ma vi riesce veramente? – di avere da tempo “confutato” la teoria di Marx.
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“A prima vista pare nel salario a cottimo che il valore d’uso venduto dall’operaio non sia il funzionamento della sua forza-lavoro, il lavoro vivente, ma lavoro già oggettivato nel prodotto, e che il prezzo di questo lavoro non sia determinato, come nel salario a tempo, dalla frazione”
Gli scioperi del marzo-aprile 1943 avvengono nel pieno della Seconda guerra mondiale in una fase in cui il regime fascista, al potere da circa un ventennio, comincia a mostrare alcuni sintomi di crisi; già dall’autunno del 1942 sono iniziati i bombardamenti anglo-americani sull’Italia del nord e la situazione è diventata difficilissima anche in Africa; da Stalingrado (dove i tedeschi si arrendono il 2 febbraio 1943) parte la controffensiva contro il Terzo Reich.
In questa seconda parte del libretto è contenuta la famosa raccomandazione di Althusser – rivolta ai lettori che per la prima volta si avvicinano al Capitale – di saltare tutta la prima sezione.
Si tratta di una raccomandazione che ai maliziosi potrebbe apparire suggerita dall’inconfessato intento di Althusser di evitare al lettore l’impatto iniziale con il primo capitolo, quello dedicato alla teoria del valore che, per riconoscimento dello stesso Marx, ammicca qua e là al linguaggio hegeliano; questo perché, come è noto, è forte la critica althusseriana di Hegel, tanto forte da coinvolgere anche il “giovane Marx” e da indurre il filosofo francese a parlare di “rottura epistemologica” tra le marxiane opere giovanili – considerate troppo storiciste e umaniste, in sostanza troppo hegeliane – e le opere più mature, successive all’Ideologia Tedesca e alle Tesi su Feuerbach – finalmente scientifiche –).
Le maggiori difficoltà, sia teoriche che di altro genere, che ostacolano una facile lettura del libro I del Capitale, sono sfortunatamente (o fortunatamente) concentrate nell’apertura stessa del libro I, e precisamente nella sua prima sezione, che tratta di “Merce e denaro”.
Do dunque il seguente consiglio: mettere provvisoriamente fra parentesi tutta la sezione I, e cominciare la lettura dalla sezione II: “La trasformazione del denaro in capitale”.
Si può, a mio giudizio, cominciare (e soltanto cominciare) a comprendere la sezione I, solo dopo aver letto e riletto tutto il libro I a partire dalla sezione II.
Nel linguaggio di Erik Olin Wright possiamo parlare di “potere associativo” (associational power) e “potere strutturale” (structural power) dei lavoratori: “In questo articolo, la nostra attenzione si concentra soprattutto su...
Nel capitolo XIV del primo libro del Capitale Marx affronta un tema che ha assunto grande rilevanza nel dibattito politico internazionale e che sembra essere diventato ancora più rilevante con l’avvento di quella che Manuel Castells ha chiamato “società dell’informazione”; si tratta del tema se il lavoro “immateriale” (ad esempio il lavoro mentale) debba o meno essere considerato produttivo.
La separazione del lavoro dal sapere, anziché essere superata col cosiddetto postfordismo (come alcuni vorrebbero far credere), e tuttavia neppure creata da esso, rimanda alla divisione del lavoro storicamente rilevante nelle società classiste, ai fini dell’affermazione del dominio di una classe (casta, ordine, ecc.), che è quella tra lavoro mentale e lavoro fisico
Click click. Digita, schiaccia, salva, invia. Click click. Guarda, sposta, cambia esporta. Occhi aperti davanti al monitor, mano sul mouse, comandi da eseguire su un software: se oggi chiedessero a Charlie Chaplin di raccontare il proletario contemporaneo, i suoi Tempi Moderni forse li illustrerebbe così, con uno schiavo del click click. Al computer, più che tra gli ingranaggi di una catena di montaggio.
La nascita della giornata internazionale del Primo Maggio è legata alle lotte per la settimana corta e la giornata lavorativa di 8 ore che coincidono con l’inizio dell’industrializzazione di massa negli Stati Uniti. Potrebbe sembrare che la richiesta di un salario più alto sia stata la causa scatenante dei primi scioperi negli USA, ma in realtà furono sempre poste in primo piano le richieste per la settimana corta e per il diritto di organizzazione dei lavoratori.
Ed è allora proprio questa Tecnica, questo modo di funzionare della società capitalistica, questo modo di produrre e riprodurre la vita stessa che, favorendo la redistribuzione di ricchezza dal lavoro verso il capitale, ci offre la chiave di comprensione del presente. Perché una cosa, almeno, non si può negare: non è cieca, la Tecnica
Un tempo la violenza materiale e culturale con cui quella disciplina ci veniva imposta la sentivamo sulla nostra pelle e ci spingeva alla ribellione. Quella disciplina a cui eravamo costretti poteva diventare auto-disciplina, forza, organizzazione, identità, necessità di trasformazione, volontà di riconquista della nostra umanità.
Questo foglio nasce per iniziativa di lavoratori, precari, disoccupati… della zona apuo-versiliese che ritengono utile sviluppare un confronto stabile e trasversale alle organizzazioni sindacali tra le varie situazioni di lavoro e di lotta.
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