Taggato: economia politica

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Marco Riformetti | Il Covid-19 e la (nuova) crisi che verrà

“Dopo alcune settimane dallo scoppio dell’epidemia di Covid-19 in Occidente è già molto diffusa la consapevolezza che questa crisi produrrà enormi effetti economici e sociali: “L’economia mondiale non ha mai visto niente di simile. Quasi tutte le previsioni economiche per il 2020 parlano di una contrazione del PIL globale del 3-5%, peggiore quanto, se non di più, di quella della Grande Recessione del 2008-9. Secondo l’OCSE, nella maggior parte delle economie la produzione diminuirà in media del 25%, mentre intanto i “lockdown” vanno avanti e interesseranno direttamente una quota di settori che rappresentano fino a un terzo del PIL delle principali economie. Per ogni mese di contenimento è prevista una perdita di 2 punti percentuali nella crescita del PIL annuale””

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Guglielmo Carchedi | L’imperialismo oggigiorno: che cos’è e dove va

Intervento di Guglielmo Carchedi, dell’Università di Amsterdam, realizzato alla Tavola Rotonda su: “Natura imperialista dell’Unione Europea e forme della lotta di classe” organizzata, sabato 9 gennaio 2016, a Napoli dalla Rete dei Comunisti, dai compagni della Mensa Occupata – Noi Saremo Tutto e dai compagni del Laboratorio ISKRA di Bagnoli.

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Karl Marx | Il metodo dell’economia politica

Da Introduzione a “Per la Critica dell’Economia Politica”, Capitolo 3
 
 
Se esaminiamo dal punto di vista politico-economico un Paese dato, cominciamo con la sua popolazione, la sua divisione in classi, la città, la campagna, il mare, i differenti rami della produzione, l’export-import, la produzione e il consumo annuali, i prezzi delle merci, ecc.
 
Sembra corretto cominciare con il reale e concreto, con il presupposto effettivo e, dunque, nell’economia, per es., con la popolazione, che è il fondamento e il soggetto dell’intera attività produttiva sociale. Ma, ad una considerazione più attenta, ciò si rivela falso. La popolazione è un’astrazione se, per es., trascuro le classi, di cui consiste. Queste classi, a loro volta, sono una vuota espressione, se non conosco gli elementi su cui si basano. Per es., lavoro salariato, capitale, ecc. Questi sottendono scambio, divisione del lavoro, prezzi, ecc. Capitale, ad es., senza lavoro salariato è nulla,[ed anche è nulla] senza valore, denaro, prezzo, ecc.
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Antiper | Introduzione alla storia delle teorie sulla crisi – 2 (IAT)

Nella storia del pensiero economico possiamo distinguere tre correnti di pensiero sulla questione della riproduzione capitalistica. La prima, e la più conosciuta, è la nozione secondo cui il capitalismo è in grado di auto-riprodursi in modo automatico. [La riproduzione capitalistica] può essere regolare ed efficiente (teoria neo-classica) oppure imprevedibile e inefficiente (Keynes), ma [il sistema] comunque si auto equilibra.
Soprattutto, non ci sono limiti necessari all’esistenza storica del sistema capitalistico: che sia lasciato sé stesso (teoria neo-classica) o che sia opportunamente gestito (Keynes), esso può durare per sempre. Naturalmente, questa è sempre stata la concezione dominante nelle teorie borghesi. […] In ciò che segue discuteremo, in sezioni separate, la tradizione del “laissez faire” della teoria ortodossa e quella keynesiana (dall’Introduzione)

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Antiper | Introduzione alla storia delle teorie sulla crisi – 1 (IAT)

Nella storia del pensiero economico possiamo distinguere tre correnti di pensiero sulla questione della riproduzione capitalistica. La prima, e la più conosciuta, è la nozione secondo cui il capitalismo è in grado di auto-riprodursi in modo automatico. [La riproduzione capitalistica] può essere regolare ed efficiente (teoria neo-classica) oppure imprevedibile e inefficiente (Keynes), ma [il sistema] comunque si auto equilibra.
Soprattutto, non ci sono limiti necessari all’esistenza storica del sistema capitalistico: che sia lasciato sé stesso (teoria neo-classica) o che sia opportunamente gestito (Keynes), esso può durare per sempre. Naturalmente, questa è sempre stata la concezione dominante nelle teorie borghesi. […] In ciò che segue discuteremo, in sezioni separate, la tradizione del “laissez faire” della teoria ortodossa e quella keynesiana (dall’Introduzione)

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La contraddizione | NEuro-fobia

Origine della questione. Introduzione al 1° gennaio 2002 della moneta unica coincide con una evidente impennata dei prezzi (“1000 lire sono come 1 €”). Il ministro dell’economia Tremonti (governo Berlusconi 2) attribuisce l’aumento dei prezzi alla mutata attitudine psicologica dei consumatori; secondo il ministro Trecarte, il problema consisteva nel fatto che i “cònzumatori” italiani non avendo adeguata confidenza con monete dotate di un valore così alto (1 € e 2 €), le sperperavano impoverendosi “a loro insaputa”. Per ovviare a ciò, propone l’introduzione dell’euro di carta (la proposta resta inevasa anche a livello europeo).

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Antiper | Un particolare tipo di regolazione: la de-regolazione

Uno dei mantra sulla crisi finanziaria internazionale esplosa nel 2007-2008 è quello secondo cui, tale crisi, sarebbe figlia delle politiche di “de-regulation” avviate da Reagan a partire soprattutto dagli anni ’80 e proseguite nei decenni successivi. In particolare, la de-regolazione dei mercati finanziari e la rimozione [2] del divieto imposto alle banche di usare in modo speculativo i conti correnti – e non solo solo il proprio denaro o quello esplicitamente destinato a tale scopo -, combinata con l’enorme potere accumulato dai manager, avrebbero favorito la tendenza alla de-responsabilizzazione, all’assunzione di enormi rischi speculativi e, in definitiva, a quella dilagante “mancanza di etica” che avrebbe poi prodotto il disastro.

Ora, parlare di etica alle banche e alle imprese capitalistiche è un po’ come parlare di dieta al topo davanti al formaggio: bei discorsi sì, ma l’istinto è quello che è. Inoltre, la “mancanza di etica” degli squali di Wall Street non è certo una novità e poteva essere ben rilevata molto prima del 2007-2008 (magari nel 2000-2001 all’epoca dei crolli del Nasdaq e dei fallimenti di Enron, WorldCom e di una serie di banche USA di media grandezza; o, prima ancora, verso la fine degli anni ’90, all’epoca dei crolli delle borse asiatiche, messicana, brasiliana, russa); risulta dunque evidente che la “mancanza di etica”, se fosse una spiegazione, lo sarebbe di tutte le crisi.

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Antiper | Eccesso di capitale e finanziarizzazione

A questo punto, la de-regolamentazione – che viene considerata la causa dell’ipertrofia dei mercati finanziari – diventa, più che una scelta ideologica (come tendono a pensare gli “anti-neo-liberisti”), una scelta obbligata, attraverso la quale tentare di 1) evitare che mercati finanziari troppo regolamentati offrano tassi di profitto troppo bassi e 2) attendere che un rilancio su vasta scala dell’economia produttiva venga a sostituire le precarie toppe apposte dalla finanziarizzazione al ciclo di valorizzazione del capitale.

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Antiper | Il luogo più comune dell’economia politica

L’economia politica è piena di affermazioni che a forza di essere ripetute come mantra finiscono per diventare “luoghi comuni”. Si tratta di affermazioni spesso contraddittorie (“la capacità di auto-regolazione del mercato”, “il necessario ruolo regolatore dello Stato”) che essendo generalmente considerate vere non vengono quasi mai verificate.

Uno dei più comuni tra i luoghi comuni dell’economia politica è certamente quello secondo cui il cosiddetto New Deal degli anni ’30-’40 avrebbe permesso agli USA e all’economia mondiale di uscire dalla crisi in cui erano precipitati dopo il crack del 1929 e la conseguente Grande Depressione

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Antiper | La cruna dell’ago

Ogni lampo è certamente diverso da ogni altro lampo eppure il fenomeno che genera i lampi è sempre lo stesso. Allo stesso modo, sebbene non esistano due crisi capitalistiche identiche, le leggi che le governano sono sempre sostanzialmente le stesse (dato che sempre lo stesso è il modo di produzione in cui si manifestano). E di queste leggi, grazie soprattutto al contributo teorico di Karl Marx (ma non solo del suo, naturalmente) conosciamo le caratteristiche fondamentali. Dunque, il primo errore che non dovremmo mai compiere è quello di pensare ogni crisi come se fosse la prima