Categoria: Rivolta araba

Rivolta araba

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Joint statement issued by Palestinian Resistance Organizations

The leadership of the Palestinian resistance factions held a consultative meeting in Beirut, where they discussed the developments of Al-Aqsa Flood battle amidst the ongoing zionist aggression on our land, people, and holy sites, especially in the Gaza Strip, the Palestinian West Bank, and Al-Quds. The meeting concluded with the following results:

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Karl Jaspers | Sulla colpa metafisica dei tedeschi (e degli ebrei)

Karl Jaspers ha parlato di “colpa metafisica” del popolo tedesco per essere sopravvissuto alla barbarie nazista e soprattutto per aver permesso la persecuzione degli ebrei. E’ la stessa colpa che oggi deve essere imputata a tutti quegli ebrei (e più in generale a tutti coloro) che non lottano contro la barbarie sionista e permettono la persecuzione del popolo palestinese.

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Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina | Dichiarazione sulla battaglia “Alluvione Al Aqsa”

Il Fronte Popolare esorta il nostro eroico popolo in tutta la Palestina a partecipare attivamente alla battaglia “Alluvione Al-Aqsa”. Tutti, dalle proprie posizioni e con ogni strumento che possiedono, attacchino l’esercito nemico e i suoi coloni, taglino le sue vie di rifornimento, sabotino le sue strutture vitali e inseguano gli invasori sionisti terrorizzati di fronte agli attacchi della resistenza, colpendoli su ogni millimetro del suolo palestinese.

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Antiper | Guerra mondiale locale in Siria

 

Nell’anteprima del suo editoriale per il numero di marzo di Limes, Lucio Caracciolo scrive:

«In Siria si combatte la prima guerra mondiale locale. Mondiale perché vi sono coinvolte le massime potenze planetarie e regionali.Anzitutto, i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza. A supportare i ribelli che da due anni cercano di rovesciare il regime di Baššar al-Asad agiscono Francia, Gran Bretagna e, molto più tiepidi, Stati Uniti d’America; sul fronte opposto, la Russia è in prima linea, con la Cina, come d’abitudine, alquanto defilata. Poi, i principali attori regionali: Turchia, Qatar e Arabia Saudita guidano lo schieramento anti-Asad; Iran e affiliati libanesi (Hizbullah) sono impegnati sul terreno a protezione del cliente di Damasco. Mentre Israele prepara contromisure nel caso il conflitto rompesse i modesti argini siriani per incendiare l’intero Levante. Certo, nessuno tra i cinque Grandi e le potenze mediorientali è finora coinvolto direttamente nel conflitto. Ma tutti vi sono a vario titolo invischiati: forze speciali occidentali e soprattutto iraniane; “brigate internazionali” jihadiste e hizbullah; agenti d’influenza e mercenari d’ogni colore; copiose forniture d’armi – specie russe e arabe del Golfo; fiumi di denaro per tenere in piedi i combattenti impegnati su territori in macerie, sull’orlo della fame; soft power ovvero disinformazione, in cui eccellono le solite emittenti panarabe, Aljazeera (Doha) e al-Arabiya (Ryad) su tutte (Lucio Caracciolo, La perla di Lawrence, Limes, 4 marzo 2013).

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Antiper | Segni dei tempi

Segno dei tempi che ricorrono, l’Iran è di nuovo nel mirino. E con l’Iran è nel mirino la Siria, che ne costituisce il principale alleato nella regione e che è oggi scossa da una guerra civile fomentata ad arte dagli “amici della democrazia” che siedono a Washington, a Parigi, a Londra, ad Ankara. Ancora una volta la banda di predoni imperialisti capitanata dagli USA (e nel caso specifico coadiuvata dalla Turchia) si presenta a portare un po’ di democrazia “made in USA”. E quando questi banditi internazionali portano la loro democrazia son bombe che fischiano.

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Antiper | Siria, un altro tassello del mosaico

Per sviluppare una riflessione sulla situazione siriana è necessario collocarla all’interno del tentativo di ristrutturazione dell’egemonia nord-americana ed europea in atto da anni in Medio Oriente. Dobbiamo legare il particolare contesto siriano con il più generale quadro internazionale che si caratterizza, da un lato, per le cosiddette “rivolte arabe” e per i loro discutibili esiti attuali [1] e, dall’altro, per la crisi economica di lunga durata del modo di produzione capitalistico, vera forza motrice di questi avvenimenti.

Antiper – Commento a Le radici economiche delle sollevazioni in Africa Settentrionale 0

Antiper – Commento a Le radici economiche delle sollevazioni in Africa Settentrionale

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Download Francesco Macheda – Roberto Nadalini, Le radici economiche delle sollevazioni in Africa Settentrionale, 2011, PDF

Questo lavoro di Francesco Macheda e Roberto Nadalini è utile non solo perché è ricco di dati e correlato da un’ampia bibliografia, ma anche per l’approccio metodologico che possiamo considerare di impronta materialistica; gli autori, infatti, provano a collocare le rivolte in Nord Africa [2] dentro un quadro di lungo periodo che inizia negli anni ’70; ironizzano sul ruolo della “chiamata via Internet” e considerano limitata la lettura delle rivolte come di semplici esplosioni anti-despota (Ben Alì, Mubarak). Secondo gli autori le rivolte vanno invece inserite in un ragionamento più complessivo ed articolato che richiama anche gli effetti della crisi alimentare che ha investito il Nord Africa, le sue cause strutturali e il ruolo svolto dai paesi imperialisti in quel contesto.

Antiper | Elezioni egiziane. Un passo nella costruzione di una nuova leadership regionale? 0

Antiper | Elezioni egiziane. Un passo nella costruzione di una nuova leadership regionale?


L’esito delle elezioni egiziane e la vittoria del candidato dei Fratelli Mussulmani (Mursi) contro Shafiq (l’ultimo Primo Ministro dell’era Mubarak), così come la vittoria elettorale della Fratellanza Mussulmana in Tunisia (e se vogliamo, anche il sempre maggiore protagonismo nelle recenti elezioni libiche e nella ribellione in Siria), prefigurano l’emergere di una nuova leadership politica regionale, religiosa ma non ostile agli USA; un “islam politico” ben diverso da quello contro cui l’”Amerika” aveva lanciato i suoi strali (lo “scontro di civiltà” di Huntington) e le sue bombe (la “guerra al terrorismo” di Bush). 

Un “islam politico” che non brucia le bandiere del “Satana yankee” e che vede gli Stati Uniti come alleato nel ridisegnare lo scenario del Grande Medio Oriente. D’altronde, lo stesso Obama, già nel 2009, nel suo discorso all’Università del Cairo rivendicava “Un nuovo inizio fra mussulmani ed USA che non devono essere in competizione” e auspicava“l’inaugurazione di una nuova era. Islam e USA hanno interessi comuni che possiamo realizzare solo insieme” [1]. Se questa nuova era è iniziata, le rivolte del 2011 ne sono state la levatrice.

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Bahar Kimyongür | Il terrorismo anti-siriano e i suoi collegamenti internazionali

Fin dall’inizio della “primavera” siriana, il governo di Damasco ha affermato di combattere bande di terroristi. La maggior parte dei media occidentali denunciano questa tesi come propaganda di Stato, che serve per giustificare la repressione contro i movimenti di contestazione. Mentre è evidente che questa tesi è sacrosanta per lo Stato baathista, di reputazione poco accogliente verso i movimenti di opposizione che sfuggono al suo controllo, questa supposizione non è nemmeno sbagliata. Effettivamente, molteplici elementi senza ombra di dubbio accreditano la tesi del governo siriano.

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Antiper | Rivolte e rivoluzioni

Stupisce constatare che sugli eventi che scuotono Nord Africa e Medio Oriente dall’inizio dell’anno pochi abbiano voluto approfondire l’analisi e molti si siano affrettati a elargire generosamente patenti rivoluzionarie a destra e a manca

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Antiper | Nuove linee rette e inutili idioti

Se si osserva la carta geo-politica dell’Africa e del Medio Oriente una cosa salta all’occhio: molto spesso, i confini sembrano tracciati con la riga; linee rette separano un paese dall’altro, spesso in modo del tutto arbitrario e apparentemente ingiustificato. È l’eredità del periodo coloniale, il risultato di successive spartizioni.

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Antiper | Digital divide

Da alcuni anni, il termine “digital divide” viene usato per indicare il crescente divario a livello tecnologico-digitale tra le varie aree del pianeta. L’analisi del digital divide misura il distacco tra paesi ad alto tasso e paesi a basso tasso di sviluppo tecnologico.

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Antiper | Non è indifferente da che parte cade un muro

L’assetto politico che dominava in Italia nel 1922 – anno della “marcia su Roma” – era stato oggetto per oltre due anni di una dura offensiva politica da parte di una serie di movimenti di lotta (riassunti sotto la denominazione storica di “Biennio rosso”). In questi 2 anni, mobilitazioni per il pane, occupazioni delle fabbriche e delle terre, formazione di Consigli di Fabbrica “politici”, ammutinamenti di guarnigioni militari… avevano mostrato la chiara volontà di quella profonda trasformazione che allora si riassumeva nello slogan “facciamo come in Russia”.