Taggato: rivolta araba

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Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina | Dichiarazione sulla battaglia “Alluvione Al Aqsa”

Il Fronte Popolare esorta il nostro eroico popolo in tutta la Palestina a partecipare attivamente alla battaglia “Alluvione Al-Aqsa”. Tutti, dalle proprie posizioni e con ogni strumento che possiedono, attacchino l’esercito nemico e i suoi coloni, taglino le sue vie di rifornimento, sabotino le sue strutture vitali e inseguano gli invasori sionisti terrorizzati di fronte agli attacchi della resistenza, colpendoli su ogni millimetro del suolo palestinese.

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Antiper | Digital divide

Da alcuni anni, il termine “digital divide” viene usato per indicare il crescente divario a livello tecnologico-digitale tra le varie aree del pianeta. L’analisi del digital divide misura il distacco tra paesi ad alto tasso e paesi a basso tasso di sviluppo tecnologico.

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Antiper | Simboli

I simboli sono importanti. Certo, dietro ogni simbolo può nascondersi qualcosa che non ha nulla a che fare con quel simbolo. Dietro il richiamo all“intervento umanitario” possono nascondersi intenzioni tutt’altro che umanitarie. Indiscutibile. Ma se vogliamo dire che dietro allo sventolio di bandiere cirenaico-monarchiche o di bandiere francesi (che in Africa del Nord richiamano soprattutto l’intervento colonialista e non certo il 1789) si “nascondono” intenzioni rivoluzionarie bisogna dimostrarlo e spiegare perché il nuovo si ammanta dei colori del vecchio. 

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Antiper | I nemici non sono tutti uguali. E neppure gli amici

Quando pensiamo al grado di “inimicizia” verso gli interessi dei lavoratori ognuno di noi ha, in modo più o meno consapevole, una propria scala di priorità: noi, ad esempio, riteniamo che il nemico principale della possibilità di sviluppo sociale dell’umanità sia oggi l’imperialismo ovvero il capitalismo dell’epoca dei monopoli, della finanza, dell’esportazione dei capitali, ecc…

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Antiper | Ci sono rivoluzioni e “rivoluzioni”

Ovunque l’Occidente riesca a lanciare rivolte o vere e proprie guerre civili a proprio vantaggio là, dicono, c’è una “rivoluzione”, identificata in genere con un colore (verde, arancione…) o con un richiamo floreale (cedri, gelsomini). 
La questione se le rivolte che attualmente si sviluppano in Nord Africa e in Medio Oriente siano rivoluzionarie, contro-rivoluzionarie o altro… non è una questione di lana caprina anche se probabilmente non ci sarebbe stato bisogno di soffermarsi troppo sulla questione se queste rivolte non fossero state definite come “rivoluzioni” in modo quasi universale, dall’informazione di regime fino a movimenti, gruppi ed “intellettuali” se-dicenti “antagonisti”.

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Antiper | Spontaneità immaginarie

Si resta attoniti di fronte al modo straordinariamente superficiale in cui la sd (se-dicente) “sinistra” ha affrontato le rivolte arabe e la guerra di Libia. Una volta ci si perdeva in dibattiti senza fine sul rapporto tra crisi e guerra. Sembrava che a questo mondo nulla potesse accadere che non fosse in qualche modo riconducibile alla crisi. La crisi era la pietra angolare di tutto. Oggi, invece, l’influenza della crisi nelle rivolte viene relegata alla sola – e riduttiva – dimensione iper-economicistica del peggioramento delle condizioni materiali delle masse, la quale avrebbe scatenato le “rivolte per il pane” lanciate da appelli via Facebook; le rivolte sarebbero state represse nel sangue dai vecchi rais, ma poi i rais sono stati costretti ad mollare sotto la pressione di piazze disarmate. La Rivoluzione vince. Happy ending.

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Antiper | Rivoluzioni

I “comunisti ex ed extra parlamentari” italiani hanno parlato per mesi con grande disinvoltura di rivoluzioni nel mondo arabo. Una volta, almeno, quando si parlava di rivoluzioni si usava almeno specificare se fossero democratiche, socialiste, “di nuova democrazia” (per semplificare, rivoluzioni democratiche guidate da partiti comunisti), ecc…

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CSPAAAL | Alla conquista del gas. Contro l’aggressione imperialista, dalla parte del popolo libico

L’intervento “umanitario” è, infine, cominciato. Paesi ex-colonialisti ed ex-schiavisti hanno deciso, in nome di quei diritti umani da essi sistematicamente calpestati, di applicare anche alla Libia il “trattamento Jugoslavia”: guerra e smembramento del territorio in entità nazionali separate. Lo hanno fatto per interessi economici, per il gas, per rinsaldare il controllo di quel Nord Africa attraversato (anche di recente) da profonde tensioni sociali? No di certo (dicono loro). Lo hanno fatto (dicono sempre loro) per difendere i civili libici dai massacri del criminale Gheddafi, quello stesso criminale che per anni l’Italia ha pagato per essere il fedele e spietato gendarme dei flussi migratori africani diretti verso l’Europa, grazie anche ad un trattato avviato dal governo di centro-sinistra Prodi-Ferrero-Mastella e non concluso solo perché valutato “troppo oneroso economicamente”: in sostanza, Gheddafi voleva troppi soldi, ma per il resto il trattato poteva andare.