Antiper | Il consenso del “senso comune” o del mettersi al servizio del padrone
“Socrate, seguito dal recalcitrante Callicle, affronta un problema tecnico-politico: per evitare di subire ingiustizia occorre o conquistare il potere, o parteggiare per il governo in carica. Ma per essere amici di chi è al potere, occorre essergli il più possibile simile: un tiranno, ad esempio, disprezzerà chi è peggiore di lui e avrà paura di chi è migliore di lui. Sarà amico solo di chi ha la sua stessa mentalità ed è disposto a rimanergli soggetto. Se l’arte della politica si riduce a una pratica di sopravvivenza, essa consisterà semplicemente nell’ingraziarsi il padrone. Callicle pensa di valersi della retorica per manipolare le masse, che, aristocraticamente, disprezza. In realtà, cercando di lusingarle, si rende simile a loro, mentre un buon politico dovrebbe piuttosto interagire con le persone, per renderle migliori. [510a ss]
D’altra parte, anche se riconosciamo l’utilità della retorica per argomentare nelle assemblee e nei tribunali, e dunque, all’occorrenza, per sottrarsi a una condanna a morte, non si vede da dove questa disciplina possa trarre un titolo di nobiltà. Anche il nuoto, la navigazione e la tecnica di costruire macchine da guerra salvano la vita; eppure il maestro di nuoto, il marinaio e il meccanico non vanno pavoneggiandosi per la loro techne, anche perché essi sanno benissimo che i loro strumenti servono solo alla sopravvivenza, e non alla felicità delle persone. E’ bizzarro che Callicle, un meccanico della sopravvivenza politica, guardi dall’alto in basso il costruttore di macchine, quando egli stesso, per farsi valere nella polis, si renda simile al demos che tanto disprezza, al solo scopo di lusingarlo. [511d ss]” [1]
Quello che precede è un passaggio dell’ipertesto di Maria Chara Pievatolo dedicato al Gorgia di Platone nel quale si parla ancora di giustizia, questa volta con Callicle, come nella Repubblica se ne parlava con l’altro sofista Trasimaco (che però ha una tesi piuttosto diversa, diciamo pure, per certi versi, opposta).
E’ un brano interessante perché riassume efficacemente e sinteticamente alcune intuizioni straordinarie di Platone-Socrate e in particolare quella che la ricerca del consenso, di per sé stessa, non è che un mettersi alla stregua del “senso comune” (cosa che peraltro Callicle dovrebbe oltretutto sdegnare per via della sua assai scarsa fiducia nella democrazia).
Quando si usa la retorica per carpire il consenso dei propri interlocutori, in realtà ci si sottomette ad essi e lo stesso vale con il popolo. Chi cerca il consenso del popolo, l’amore del popolo, attraverso l’artificio verbale o l’ossequio al suo “senso comune” finisce ben presto per diventarne schiavo. Va per usare (gli altri) e (dagli altri) viene in definitiva usato, in una sorta di contrappasso dantesco.
Invece di riempirsi di gloria per il consenso a basso sforzo (e a basso valore) è importante interagire con gli altri per crescere e far crescere, per rendere e rendersi migliori; ingaggiare una battaglia politica e culturale per sradicare, anzitutto dai noi stessi, l’influenza delle idee dominanti che in definitiva, come ci insegna Marx, non sono che le idee della classe dominante
“Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l’espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio. Gli individui che compongono la classe dominante posseggono fra l’altro anche la coscienza, e quindi pensano; in quanto dominano come classe e determinano l’intero ambito di un’epoca storica, è evidente che essi lo fanno in tutta la loro estensione, e quindi fra l’altro dominano anche come pensanti, come produttori di idee che regolano la produzione e la distribuzione delle idee del loro tempo; è dunque evidente che le loro idee sono le idee dominanti dell’epoca.” [2]
Cosa ci dice Socrate? Ci dice che spesso rifiutiamo chi è “migliore” di noi (perché i migliori ci ricordano, con il loro esempio, i nostri limiti), ma rifiutiamo anche chi è peggiore (di cui pure spesso molti si circondano per sentirsi meglio) e finiamo per premiare solo chi ci somiglia.
Ma le persone sono il prodotto del mondo in cui vivono, delle relazioni in cui crescono, delle miserie e delle grettezze che il capitalismo mostra loro come modello di vita.
E dunque, come appaiono grotteschi tutti coloro che, tronfi del microscopico consenso ricevuto in premio per essersi sottomessi al “senso comune” e al “così fan tutti”, si sentono “grandi leader” e sono invece niente, come le loro idee (che poi, come ci insegna Marx, neppure sono davvero loro).
Note
[1] Maria Chiara Pievatolo, Il Gorgia di Platone
[2] Karl Marx, Ideologia tedesca, Origine dello Stato e rapporto dello Stato con la società civile, Libro I.