Karl Marx | Il metodo dell’economia politica
Da Introduzione a “Per la Critica dell’Economia Politica”, Capitolo 3
Se esaminiamo dal punto di vista politico-economico un Paese dato, cominciamo con la sua popolazione, la sua divisione in classi, la città, la campagna, il mare, i differenti rami della produzione, l’export-import, la produzione e il consumo annuali, i prezzi delle merci, ecc.
Sembra corretto cominciare con il reale e concreto, con il presupposto effettivo e, dunque, nell’economia, per es., con la popolazione, che è il fondamento e il soggetto dell’intera attività produttiva sociale. Ma, ad una considerazione più attenta, ciò si rivela falso. La popolazione è un’astrazione se, per es., trascuro le classi, di cui consiste. Queste classi, a loro volta, sono una vuota espressione, se non conosco gli elementi su cui si basano. Per es., lavoro salariato, capitale, ecc. Questi sottendono scambio, divisione del lavoro, prezzi, ecc. Capitale, ad es., senza lavoro salariato è nulla,[ed anche è nulla] senza valore, denaro, prezzo, ecc.
Se, dunque, cominciassi con la popolazione, comincerei con una rappresentazione caotica del tutto e, mediante un’ulteriore determinazione, dovrei pervenire analiticamente [1] a concetti sempre più semplici; dal concreto rappresentato (vorgestelltes Konkretum) ad astrazioni sempre più fini, finché non fossi arrivato alle determinazioni più semplici. Da quel punto, il percorso sarebbe da ricominciare all’indietro, finché non ritornassi alla popolazione, ma questa volta non come la rappresentazione caotica di un Tutto, ma sì piuttosto come una totalità ricca di molte determinazioni e rapporti (Beziehung). La prima via è quella che, storicamente, l’economia ha preso al suo nascere. Gli economisti del XVIII secolo ad es. cominciano sempre con il Tutto vivente (lebendiges Ganze), con la popolazione, la nazione, lo Stato, molti Stati, ecc.; ma finisce sempre che essi trovano, analiticamente, alcuni determinanti rapporti (Beziehung) astratti, generali -come divisione del lavoro, denaro, valore, ecc.. Non appena questi singoli momenti furono più o meno fissati e astratti, cominciarono i sistemi economici, che dal semplice -come il lavoro, la divisione del lavoro, il bisogno, il valore di scambio- risalirono fino allo Stato, alla scambio fra le nazioni e al mercato mondiale. Quest’ultimo chiaramente è il metodo scientificamente corretto. Il concreto è concreto, perché è sintesi (Zusammenfassung) [2] di molte determinazioni, dunque, perché è unità della molteplicità. Nel pensare, il concreto si presenta, dunque, come processo della sintesi, come risultato, non come punto di partenza, pur se effettivamente proprio il concreto è il punto di partenza e, quindi, è tale anche per l’intuizione e la rappresentazione [3]. Con la prima via, la densa rappresentazione illanguidisce fino a divenire un’astratta determinazione; con la seconda, le determinazioni astratte conducono alla riproduzione del concreto secondo il modo di procedere del pensare [4]. E’ così che Hegel cadde nell’illusione di concepire il reale come risultato del pensare che si raccoglie, si approfondisce in sé e si muove a partire da se stesso, mentre il metodo di risalire dall’astratto al concreto è, solo, il modo del pensare per appropriarsi il concreto, per riprodurlo come un concreto dello spirito (geistiges Konkrete). Ma non è, certo, il modo del processo di generazione del concreto [5]. Per es., la categoria economica più semplice, diciamo il valore di scambio, presuppone la popolazione, ed esattamente una popolazione che produca in determinati rapporti (Verhältnis); come anche un certo tipo di famiglia, di comunità, di Stato ecc. Quella categoria non può esistere, se non come astratto, unilaterale rapporto (Beziehung) di un Tutto vivente, concreto e già dato. In quanto categoria, invece, il valore di scambio ha un’esistenza antidiluviana [6]. Per la coscienza, dunque, -e quella filosofica è, appunto, coscienza-, a cui il pensare concettualizzante (das begreifende Denken) si presenta come l’uomo reale e il mondo concettualizzato come il mondo effettivo-, il movimento delle categorie appare essere l‘effettivo atto della produzione -il quale purtroppo riceve un semplice impulso dall’esterno- , che ha come risultato il mondo; ed è giusto – ma di nuovo una tautologia- che la concreta totalità in quanto totalità del pensiero (Gedankentotalität), in quanto concreto del pensiero (Gedankenkonkretum), sia, di fatto, un prodotto del pensare, del pensare concettualizzante (begreifen); in nessun modo, però, è un prodotto del concetto, che pensa a prescindere ed al di sopra della rappresentazione e dell’intuizione, generandosi così da se stesso. piuttosto è un risultato dell’elaborazione in concetto dell’intuizione e della rappresentazione. Il Tutto -che nella testa si presenta come un Tutto del pensiero- è un prodotto delle testa pensante, che si appropria il mondo nell’unico modo che le è possibile, modo che è diverso da quello dell’appropriazione artistica, religiosa e pratico-spirituale di questo stesso mondo [7]. Il soggetto effettivo resta, prima e dopo, al di fuori della testa nella propria autonomia; fin tanto che la testa si comporta in modo solo speculativo, solo teoretico. Anche nel caso, dunque, del metodo teoretico, il soggetto -la società- deve continuare a stagliarsi come un presupposto di fronte alla rappresentazione.
Ma queste categorie semplici non hanno, anche, un’esistenza storica e naturale indipendente rispetto a quelle più concrete? [8] ça dépend. Ad es., correttamente Hegel inizia la Filosofia del diritto con il possesso, come il rapporto (Beziehung) giuridico più semplice del soggetto. Ma non esiste alcun possesso prima della famiglia o dei rapporti (Verhältnis) servo-padrone, che sono rapporti (Verhältnis) di gran lunga più concreti. Al contrario, sarebbe giusto dire che esistono famiglie, gruppi tribali, che ancora posseggono soltanto e non hanno proprietà. La categoria più semplice appare, dunque, come il rapporto di semplici famiglie o comunità tribali nei confronti della proprietà. In una società più elevata, la proprietà appare come il piiù semplice rapporto di un’organizzazione sviluppata. Ma il concreto sostrato, il cui rapporto è il possesso, è sempre presupposto. Ci si può immaginare qualche singolo selvaggio, che possiede. Ma perché il possesso non è in alcun modo un rapporto giuridico (Rechtsverhältnis). Non è corretto sostenere che il possesso si sviluppa storicamente nella famiglia. Piuttosto il possesso presuppone sempre questa «più concreta categoria giuridica». Tuttavia, resterebbe sempre vero che le categorie semplici sono espressione di rapporti, in cui il concreto non ancora sviluppato può essersi realizzato, senza aver ancora posto il rapporto o relazione multilaterale, che è espresso spiritualmente (geistig) nella categoria più concreta , mentre il concreto più sviluppato conserva questa stessa categoria, come rapporto subordinato. Il denaro può esistere -e storicamente è esistito- prima che esistessero capitale e Banche, prima che esistesse il lavoro salariato, ecc. Sotto questo rispetto si può anche dire che le categorie più semplici possono esprimere i rapporti dominanti di un Tutto ancora non sviluppato o i rapporti subordinati di un Tutto sviluppato, che storicamente hanno già avuto esistenza, prima che il Tutto si sia sviluppato secondo quel rispetto, che è espresso in una categoria
più concreta. In questa misura, il procedere del pensare astratto -che dal più semplice va al composto- corrisponderebbe all’effettivo processo storico.
D’altra parte, può dirsi che si danno forme sociali, molto sviluppate ma ancora poco mature, in cui si trovano le forme più alte di economia – per es., cooperazione, sviluppata divisione del lavoro, ecc.-, senza che esista in alcun modo denaro, ad es. il Perù. Anche nelle comunità slave, il denaro e lo scambio che lo condiziona non compaiono o compaiono molto poco all’interno delle singole comunità, per comparire, invece, ai loro confini, nello scambio con gli altri, cosicché è falso in generale porre lo scambio all’interno della comunità come l’elemento, che originariamente la costituisce. E’ vero, piuttosto, che all’inizio lo scambio compare più nel rapporto delle diverse comunità fra di loro, che nelle relazioni fra i singoli membri di una stessa comunità. Infine: per quanto il denaro giochi un ruolo molto presto e in tutti gli ambiti, nell’antichità, tuttavia, esso è l’elemento dominante solo in nazioni, che avevano indirizzato unilateralmente il loro sviluppo, in nazioni dedite al commercio. Ed anche nell’antichità più evoluta, presso i Greci e i Romani, il pieno sviluppo del denaro -che è presupposto nella moderna società borghese- si ha solo nella fase della decadenza. Dunque, nella sua intensità, questa categoria del tutto semplice non appare se non nelle condizioni sociali più sviluppate. In nessun modo pervadendo tutti i rapporti economici. Per es., nell’Impero romano, anche nei momenti di più elevato sviluppo, fondamentali restano la tassazione e la prestazione in natura; il sistema monetario, propriamente, si sviluppa solo nell’esercito; né invade l’intero ambito del lavoro. Così, per quanto la categoria economica più semplice possa essere esistita storicamente prima della più concreta, tuttavia, nel suo pieno sviluppo intensivo ed estensivo, essa può appartenere solo ad una forma sociale combinata, mentre la categoria economica più concreta era già pienamente sviluppata in una forma sociale meno sviluppata.
Il lavoro si presenta come una categoria del tutto semplice. Anche la rappresentazione i esso in questa universalità -come lavora in generale- è assai antica. Tuttavia, concepito dal punto di vista economico in questa semplicità, «lavoro» è, appunto, una categoria moderna, così come lo sono i rapporti, che generano questa semplice astrazione. Il sistema monetario, ad es., pone la ricchezza ancora del tutto obiettivamente, come cosa (Sache) al di fuori di sé, nel denaro. Rispetto a questo punto di vista, fu un grosso progresso, quando il sistema manifatturiero o commerciale pose la fonte dalla ricchezza non più in una materia, ma sì nell’attività soggettiva [9]-il lavoro commerciale o manifatturiero. Contro questo sistema, il fisiocratico, che pone una forma determinata del lavoro -l’agricolo- come quella che produce ricchezza, e pone l’oggetto (Objekt) stesso non più come rivestimento (Verkleidung) del denaro, ma come prodotto in generale, come risultato universale del lavoro. Questo prodotto, posti i limiti dell’attività, è ancora sempre un prodotto determinato dalla natura, prodotto della terra par excellence.
Fu un enorme progresso di Adam Smith gettar via quella determinatezza dell’attività creatrice di ricchezza -lavoro semplicemente, né lavoro manifatturiero, né commerciale, né agricolo, ma sia l’uno che l’altro. Con l’astratta universalità dell’attività produttrice di ricchezza anche l’universalità dell’oggetto (Gegenstand) determinato come ricchezza, prodotto in generale o di nuovo lavoro generale, ma come lavoro passato, reificato (vergegenständlich). Quanto grande ed importante fu questo passaggio, si comprende bene dal fato che lo stesso Adam Smith, ogni tanto, ricade nel sistema fisiocratico. Potrebbe sembrare che con ciò si sia trovata l’espressione astratta per il rapporto più semplice e più antico, in cui gli uomini si presentano come produttori, sia pure sempre in forma sociale. Da un lato, ciò è molto giusto ma, da un altro, no. L’indifferenza nei confronti di un tipo determinato di lavoro presuppone una totalità molto sviluppata di effettivi tipi di lavoro, dei quali nessuno domina sull’altro. Così le più generali astrazioni nascono con il più ricco sviluppo concreto, dove un elemento appare comune a molti, a tutti. Così cessa di poter essere pensato solo in una forma determinata. Dall’altro lato, questa astrazione del lavoro in generale non è solo il risultato mentale (geistig) di una totalità concreta di lavori. L’indifferenza verso il lavoro determinato corrisponde ad una forma sociale, in cui gli individui facilmente passano da un lavoro ad un altro e per i quali il tipo determinato di lavoro è qualcosa di casuale, di indifferente. Qui, il lavoro non è divenuto solo come categoria della mente, ma proprio nella realtà il medio per la creazione della ricchezza in generale ed ha cessato di crescere, in quanto determinazione, con gli individui in una particolarità. Una tale situazione ha raggiunto il massimo sviluppo nella forma più moderna, in cui esistono le società borghesi -gli Stati Uniti. E’ qui che nella pratica è vero che l’astrazione della categoria “lavoro”, “lavoro in generale”, “lavoro sans phrase” è il punto di partenza dell’economia moderna. La più semplice astrazione, dunque, che l’economia moderna porta all’apice -ma che, contemporaneamente, esprime un rapporto assai antico e valido per tutte le forme sociali- si presenta, solo in questa astrazione, come praticamente vero in quanto categoria della più moderna società. Si potrebbe dire ciò che negli Stati Uniti si presenta come un prodotto storico -questa indifferenza verso il lavoro determinato-, invece presso i Russi, ad es., si presenta come disposizione naturale, spontanea (naturwüchsig). Solo che fa una maledetta differenza se dei barbari hanno disposizione ad essere usati per tutto, oppure se uomini civilizzati si applicano essi stessi a tutto. Praticamente, nel caso dei Russi, a questa indifferenza verso la determinatezza del lavoro corrisponde il loro tradizionale esser imprigionati in un lavoro del tutto determinato, dal quale vengono strappati solo per influsso dall’esterno.
L’esempio del lavoro mostra in modo convincente come proprio le categorie più astratte, nonostante la loro validità per tutte le epoche -proprio a causa della loro astrazione-, esattamente nella determinatezza di questa astrazione sono altrettanto il prodotto di rapporti storici e che posseggono la loro piena validità solo in e per questi rapporti.
La società borghese è l’organizzazione storica della produzione più sviluppata e articolata. Le categorie, che esprimono i suoi rapporti, l’intendimento della sua articolazione, garantiscono, dunque, contemporaneamente una visione chiara dell’articolazione e dei rapporti di produzione di tutte le decadute forme di società, con i elementi e rovine essa si è costruita, di cui in parte sopravvivenze si rintracciano in essa, mèri accenni si sono sviluppati fino al significato compiuto. E’ in quella dell’uomo una chiave per l’anatomia della scimmia [10]. Gli accenni alle specie animali superiori, che pur esistono in quelle inferiori, possono essere compresi solo a patto che quelle superiori siano già note. Analogamente, l’economia borghese offre la chiave per quelle antiche ecc. Ma non nel modo degli economisti, i quali dissolvono tutte le differenze storiche ed in ogni forma sociale vedono quella borghese. Si possono comprendere tributi, decime, ecc., quando si comprenda la rendita fondiaria. Tuttavia, non le si deve identificare. Poiché, in fine, la società borghese è solo una forma contraddittoria dello sviluppo, allora in essa si troveranno rapporti di precedenti forme, per quanto spesso solo atrofizzati e travestiti. Per es., la proprietà comune. Comunque, se è vero che le categorie dell’economia borghese hanno verità per tutte le altre forme sociali, tuttavia, ciò va assunto cum grano salis. Esse possono contenerle sviluppate, atrofizzate, deformate, ecc., sempre in essenziale differenza. Il cosiddetto sviluppo storico si basa in generale su questo: che l’ultima forma considera le precedenti come tappe per giungere a se stessa e poiché, solo raramente e in condizioni del tutto determinate, la forma moderna è in grado di criticarsi, allora le concepisce sempre in modo unilaterale – non parliamo qui di quei periodi storici, che avvertono se stessi come epoca di decadenza. La religione cristiana aiutò l’obiettivo intendimento delle precedenti mitologie, non appena la sua autocritica fino ad una certa misura -per così dire, d u n a m e i – fu compiuta. Analogamente, l’economia borghese giunse all’intendimento di quella feudale, antica e orientale, non appena cominciò la sua autocritica. Nella misura in cui l’economia borghese non si identifica semplicemente con un passato mitologico, la sua critica delle società precedenti -in particolare della feudale, con la quale dovette combattere direttamente- fu simile alla critica cristiane del paganesimo o del protestantesimo al cattolicesimo.
Come in generale in ogni scienza storica e sociale, anche rispetto al procedere delle categorie economiche va sempre tenuto ben fermo che -sia nella realtà, che nella testa- il soggetto, la società borghese nel nostro caso, è dato; e che, dunque, le categorie esprimono -di questa determinata società, di questo soggetto- forme d’esistenza determinata (Daseinsform), determinazioni d’esistenza e, spesso, solo singoli lati; ancora, che questa società, pure dal punto di vista scientifico, in nessun modo inizia laddove inizia il suo discorso su di essa in quanto tale. Ciò è da tener ben presente, dacché offre un criterio decisivo per la suddivisione [della materia]. Per es., nulla sembra più conforme alla natura che cominciare dalla rendita fondiaria, dalla proprietà della terra, dacché è alla terra che rimanda la fonte di ogni produzione e di ogni esistenza determinata -la prima forma di produzione di tutte le società in qualche modo consolidate -l’agricoltura, insomma. Ma nulla sarebbe più falso. In tutte le forme di società vi è una determinata produzione ed i suoi rapporti, che assegnano rango ed influenza a tutte le altre [produzioni] ed a tutti gli altri rapporti. Si tratta di una generale lucentezza, che investe tutti gli altri colori e da cui essi vengono modificati nella loro particolarità. Si tratta di un etere particolare, che determina il peso specifico di ogni esistenza, che in esso assume rilievo. Ad es., presso i popoli di pastori (i popoli esclusivamente dediti alla caccia e alla pesca stanno al di qua del momento, in cui inizia effettivamente lo sviluppo). Sporadicamente, presso di essi, appare qualche forma d’agricoltura. La proprietà della terra è con ciò determinata. Essa è comune e questa forma si mantiene più o meno, nella stessa misura in cui questi popoli si mantengono fedeli alla loro tradizione, ad es., la proprietà comune degli Slavi. Presso i popoli dall’agricoltura stanziale -questa sedentarietà già costituisce una tappa di grande importanza-, dove essa domina, così come presso gli Antichi ed i popoli feudali, anche l’industria e l’organizzazione e le forme di proprietà che le corrispondono, più o meno, hanno un carattere da proprietà fondiaria; o sono del tutto dipendenti dalla proprietà della terra come presso gli antichi Romani o, come nel Medioevo, imitano l’organizzazione della terra nella città e i suoi rapporti. Lo stesso capitale nel Medioevo -nella misura in cui non è mèro capitale monetario- come artigianato tradizionale ecc. ha questo carattere da proprietà fondiaria. Succede l’inverso nella società borghese. Sempre più l’agricoltura si trasforma in un ramo dell’industria ed è appieno dominata dal capitale. Appunto la rendita fondiaria. In tutte le forme in cui domina la proprietà della terra, ancora è imperante il rapporto di natura (Naturbeziehung). In quelle, invece, in cui domina il capitale, predomina l’elemento storico, sviluppatosi nella storia. Non si può comprendere la rendita fondiaria, senza il capitale. Ma neanche il capitale, senza la rendita fondiaria. Il capitale è la potenza economica, che tutto domina, nella società borghese. Esso ha da costituire sia il punto di partenza che il punto d’arrivo e deve essere sviluppato prima della rendita fondiaria. Dopo che entrambi sono stati esaminati nella loro particolarità, va analizzato il loro rapporto reciproco (Wechselbeziehung). Non bisognerebbe, dunque, perché falso far seguire l’una all’altra le categorie economiche nella serie, in cui sono state storicamente determinanti. Piuttosto il loro disporsi seriale è determinato dal rapporto, che esse hanno tra di loro nella moderna società borghese e questo è esattamente l’inverso rispetto a quello del loro presentarsi naturalmente o della serie che corrisponde al loro sviluppo storico. Non si tratta qui del rapporto, che i rapporti economici storicamente assumono nella serie successiva delle differenti forme di società. Né tanto meno del loro succedersi “nell’idea” (Proudhon), (una rappresentazione nebulosa del movimento storico). Piuttosto, della loro articolazione all’interno della società borghese.
La purezza (astratta determinatezza), in cui i popoli commercianti -Fenici, Cartaginesi- si presentano nel mondo antico, è appunto dato dalla dominanza dei popoli agricoltori. Il capitale, come capitale commerciale o monetario, appunto, si presenta in questa astrazione laddove il capitale non è ancora l’elemento dominante delle società. I Lombardi, gli Ebrei assumono la stessa posizione nei confronti delle società medievali dedite all’agricoltura
Come ulteriore esempio della diversa posizione , che queste categorie assumono ai diversi livelli di sviluppo della società: una delle ultime forme della società borghese: joint-stock-companies [11]. Tali forme appaiono, però, anche all’inizio della società borghese nelle grandi compagnie commerciali provviste di monopolio.
Il concetto stesso di ricchezza nazionale viene introdotto dagli economisti del XVII secolo -ed, in parte, permane anche tra quelli del secolo successivo-, ma nel senso la ricchezza veniva creata solo per lo Stato, essendo la ricchezza di quest’ultimo in relazione a quella. Si trattava di una forma di ipocrisia ancora inconsapevole, in cui la ricchezza e la sua produzione si annunciavano come scopo degli Stati moderni e, d’altronde, questi ultimi venivano considerati unicamente come mezzo per la produzione della ricchezza
E’ chiaro che questa è la suddivisione, che va fatta: 1) le universali determinazioni astratte, che più o meno appartengono ad ogni forma di società, ma in un senso sopra chiarito. 2) Le categorie, he costituiscono l’articolazione interna della società borghese e su cui si basano le classi fondamentali. Capitale, lavoro salariato, rendita fondiaria. I rapporti, che hanno l’un con l’altra. Città e campagna. Le tra grandi classi sociali. Lo scambio tra di loro. Circolazione. Sistema del credito (privato). 3) Riassumersi della società borghese nella forma dello Stato. Analizzata in rapporto a se stessa. Le classi ‘improduttive’. Tasse. Debito di Stato. Credito pubblico. La popolazione. Le colonie. Emigrazione. 4) Rapporto internazionale della produzione. Internazionale divisione del lavoro. Commercio internazionale. Export e import. Corso del cambio. 5) Il mercato mondiale e le crisi.
4) Produzione. Mezzi e rapporti di produzione e rapporti di scambio. Forme di Stato e della coscienza in relazione ai rapporti di produzione e di scambio. Rapporti giuridici e rapporti famigliari.
NotaBene [12] in relazione a ci punti qui accennati e da non dimenticare:
1) La guerra sviluppata prima della pace; modo in cui mediante la guerra, l’esercito ecc. vengono sviluppati certi rapporti economici -come il lavoro salariato, il macchinario, ecc.- prima che all’interno della società borghese. Anche il rapporto tra forza produttiva e rapporti di scambio particolarmente evidente nell’esercito [13].
2) Rapporto della storiografia finora ideale con quella reale. Esattamente, delle cosiddette storie della cltura (Kulturgeschichte) che son, tutte, storia della religione e dello Stato. (Con l’occasione si potrebbe dire qualcosa sui differenti tipi di storiografia finora. Cosiddetta obiettiva, soggettiva, [morale ecc]. Filosofica).
3) Fattori secondari e terziari, in generale rapporti di produzione derivati, trapiantati, non originari, Giocano qui i rapporti internazionali.
4) Obiezioni al materialismo di questa concezione. Rapporto col materialismo naturalistico.
5) Dialettica dei concetti di forza produttiva (strumento di produzione) e di rapporti di produzione, una dialettica di cui vanno determinati i limiti e che non annulla la differenza reale.
6) Il rapporto ineguale tra sviluppo della produzione materiale e per es. quella artistica. In generale, il concetto di progresso non va concepito nell’astrazione abituale. L’arte moderna ecc. Questa sproporzione non è così più importante e difficile da cogliere di quanto sia quella interna ai rapporti pratico-sociale. Ad es., dell’istruzione. Rapporto degli Stati Uniti con l’Europa. Qui, il punto veramente difficile da discutere è, però, quello del diverso sviluppo dei rapporti di produzione e dei rapporti giuridici. Quindi, ad es., il rapporto del diritto privato romano (nel diritto penale e in quello pubblico tale sproporzione si registra di meno) con la produzione moderna.
7) Questa concezione si presenta come sviluppo necessario. Ma giustificazione del caso (Zufall). Come. (La libertà ecc.). (Influenza dei mezzi di comunicazione. La storia universale non è sempre esistita; la storia come storia de mondo è un risultato).
8) Naturalmente il punto di partenza dalla determinatezza naturale; soggettivamente e oggettivamente. Tribù, razze, ecc.
9) Riguardo all’arte è ben noto che certi periodi di fioritura non sono affatto in rapporto con lo sviluppo generale della società, dunque, anche della condizione materiale, dell’ossatura per così dire della sua organizzazione. Per es., i Greci confrontati con i moderni o anche Shakespeare. Di alcune forme d’arte,per es. dell’epos, si riconosce che non possono venir prodotte nella loro forma classica, che fa epoca, non appena fa la sua comparsa la produzione artistica in quanto tale; che nell’ambito dell’arte stessa certe forme significative di essa sono possibili solo ad un livello ancora non sviluppato del suo sviluppo. Se così stanno le cose in relazione ai differenti generi artistici nel dominio dell’arte, deve sorprendere ancora di meno che così le cose stiano nel rapporto fra l’intero dominio dell’arte e lo sviluppo generale della società. La difficoltà consiste , solo, nella concezione (Fassung) generale di queste contraddizioni. Non appena specificate, esse si chiariscono.
Prendiamo, ad es., il rapporto dell’arte greca ed anche di Shakespeare con il presente. E’ ben noto che la mitologia greca non fu solo l’arsenale, ma anche il terreno di coltura dell’arte greca. La concezione della natura e dei rapporti sociali, che stanno al fondo della fantasia e, quindi, della mitologia greche son forse compatibili con le filatrici automatiche, con le ferrovie, le locomotive e i telegrafi elettrici? Dove può andare a cacciarsi Vulcano di fronte a Roberts and Co., e Giove di fronte ai parafulmini ed Ermes di fronte al Crédit mobilier? Ogni mitologia vince e domina e plasma le forze della natura nella e colla immaginazione; scompare, dunque, con l’effettivo dominio su di esse. Cosa ne è della fama quando esiste Printinghouse square? L’arte greca presuppone la mitologia greca, vale a dire, la natura e le stesse forme sociali inconsapevolmente rielaborate dalla fantasia popolare in modo artistico. Questo è il suo materiale. Non una qualsivoglia mitologia, non una qualsivoglia rielaborazione artistica della natura (ivi compreso tutto l’oggettivo, quindi, anche la società). La mitologia egizia non poteva essere né il terreno di coltura né il grembo dell’arte greca. Ma, comunque, una mitologia. In nessun caso uno sviluppo sociale, che esclude ogni rapporto mitologico con la natura e con se stessa e che, invece, pretende dagli artisti una fantasia indipendente dalla mitologia.
Da un altro lato: è forse possibile Achille quando esistono polvere da sparo e piombo? O in generale l’Iliade con il torchio e la macchina da stampa? Con il torchietto da stampa non finiscono necessariamente il canto, la leggenda e la Musa? Non scompaiono, insomma, le condizioni necessarie della poesia epica?
La difficoltà, tuttavia, non consiste nell’intendere che l’arte e l’epos greci siano legati a certe forme di sviluppo sociale. Consiste, invece, nel fatto che quell’arte e quell’epos ci assicurino godimento artistico e, in certo aspetto, valgano come norma e modello inarrivabile.
Un uomo non può tornar fanciullo, senza diventare infantile. Ma forse che non lo rallegra la spontaneità del fanciullo e non deve forse -sia pure collocandosi ad un livello superiore- tendere a riprodurne la verità? Non è forse vero che nella natura del fanciullo sopravvive il carattere proprio di ogni epoca nella sua verità naturale? Perché l’infanzia storica dell’umanità, laddove si è svolta nel modo più bello, non dovrebbe esercitare un eterno fascino, proprio come epoca destinata a non ritornar più? Vi sono fanciulli ineducati e fanciulli saccenti. Molti dei popoli antichi appartengono a quest’ultima categoria. Fanciulli normali furono i Greci. Il fascino della loro arte non è in contraddizione con il livello non sviluppato della società, da cui nacque. Piuttosto ne è il risultato ed è inseparabile dal fatto che non possano tornare le condizioni sociali immature da cui nacque e da cui esclusivamente poteva nascere.
Note
1. Marx insiste sul momento analitico del metodo che propone. Ricordiamo che, nella Logica, Hegel deduce le categorie (determinazioni del pensare) analiticamente: appunto per via d’analisi si svolge il fondamentale processo del passaggio in altro. In questo senso, la procedura dialettica è esplicativa, fa emergere progressivamente ciò che è contenuto nel punto di partenza. Se questo è vero, non meraviglia che muoversi nella prospettiva dialettica implica, anche, la necessità di differenziare l’analiticità dialettica, appunto, da un’altra analiticità, che si limita ad esplicare formalmente, nel predicato, ciò che è contenuto nel soggetto. Dunque, l’interesse di Hegel e di Marx verso le proposizioni tautologiche consegue direttamente da caratteri essenziali della prospettiva dialettica.
2. La procedura dialettica -di cui abbiamo precedentemente sottolineato il momento analitico, si completa ora mediante la sintesi. Per Hegel, l’analisi “consiste nell’esposizione…, sulla sola base della necessità concettuale, di ciò che è contenuto in sé nel concetto originario, colto come totalità; quanto alla sintesi, essa è ai suoi occhi una procedura, che implica una esteriorità del ragionamento in rapporto a se stesso, l’assunzione di un’alterità reale. In questo senso il metodo dialettico, per Hegel, non è né analitico né sintetico -o, piuttosto, è contemporaneamente e l’uno e l’altro.” (Hegel, Science…, op. cit.: 154n). Sullo stesso tema, cf. I.I. Rubin, Studien zur Marxschen Werttheorie: 70.
3. La conclusione di Marx, dunque, è che il risultato è l’effettivo punto di partenza. Esattamente come Hegel sosteneva (G.W.F. Hegel, Science de la logique…: 42s). Altrettanto chiaro è che Marx sta ricollegandosi alla critica a Feuerbach, che aveva svolto -in età giovanile- nelle Thesen über Feuerbach.
4. Il testo di Marx non è di facile traduzione: rappresenta un caso, in cui rendere in italiano ciò che Marx vuol dire sembra imporre la non fedeltà letterale. Così scrive Marx: “Im ersten Weg wurde die volle Vorstellung zu abstrakter Bestimmung verflüchtigt; im zweiten führen die abstrakten Bestimmungen zur Reproduktion des Konkreten im Weg des Denkens.” La mia traduzione di “wurde die volle Vorstellung zu abstrakter Bestimmung verflüchtigt” coincide largamente con quella dell’edizione francese dei Grundrisse (citata in A. Schaff, op. cit.: 132), che così suona: “la pleine conception se dilue en notions abstraites”.
5. Insomma, possiamo così schematizzare la posizione di Marx: =) contro l’empirismo, la tesi che il punto di partenza effettivo è il concreto (= insieme articolato) e non la rappresentazione immediata, caotica, indistinta; =) netta affermazione del fatto che il pensiero può appropriarsi del reale, solo nella forma dell’insieme articolato o concreto; =)distinzione, però, fra il modo in cui il pensiero svolge l’articolazione dell’insieme e il modo in cui, nel Dasein, quell’articolazione si realizza. Come scrive H.T. Wilson: 4, il limite dell’economia politica consiste nel fatto che essa né sa cogliere né sa accogliere entro di sé la differenza tra modo mentale di costruzione del concreto e modo della sua costruzione nel Dasein. Va notato, però, che, nonostante l’esplica critica ad Hegel, in realtà, Marx sta qui riproponendone la distinzione fra la storia secondo il concetto e la storia secondo il fenomeno. In questo senso, la tesi dei due oggetti, elaborata da Althusser, ha un punto di aggancio effettivo con la pagina di Marx, anche se poi è svolta dallo stesso Althusser in modo inaccettabile. Una possibile applicazione del tema marxiano la troviamo in Kosik, Dialettica del concreto: 50, dove leggiamo: “La concezione dialettica del rapporto tra ontologia e gnoseologia permette di riconoscere l’assenza di omogeneità e di corrispondenza tra la struttura logica (modello), per mezzo della quale la realtà – anzi una determinata sezione della realtà – viene spiegata, e la struttura di quella stessa realtà. Mediante un determinato modello, che strutturalmente è di “ordine inferiore” rispetto alla struttura di una determinata regione del reale, questa può venir interpretata in modo soltanto approssimativo e il modello può costituire una prima approssimazione ad una adeguata descrizione e interpretazione della realtà. Oltre i limiti di un primo accostamento e approssimazione, l’interpretazione diventa falsa. Grazie al concetto di meccanismo, ad esempio, è possibile spiegare il meccanismo di un orologio, il meccanismo della memoria, il meccanismo della vita sociale (dello stato, delle relazioni sociali e così via). Ma soltanto nel primo caso il concetto di meccanismo esaurisce l’essenza del fenomeno e lo spiega in maniera adeguata, mentre negli altri due casi mediante il modello del meccanismo vengono spiegati soltanto certi lati e aspetti del fenomeno, o una sua determinata apparenza feticizzata; oppure, per mezzo di esso, ci si procura la possibilità di un primo accostamento e di una comprensione concettuale dei fenomeni. In tali casi si tratta di una realtà più complessa, l’adeguata descrizione e spiegazione della quale esigono delle categorie -logiche (modelli) strutturalmente adeguate.”
6. Marx sta dicendo che la compiuta esistenza (nel Dasein) della categoria economica semplice presuppone la presenza (nel Dasein) di una serie di condizioni; ma sta dicendo, anche, che -in quanto contenuto del pensiero- quella categoria può essere formulata, anche in mancanza delle condizioni della sua compiuta esistenza storica. In altre parole, la categoria di valore di scambio è rintracciabile già nel pensiero di Aristotele, pur in mancanza di quel complesso di condizioni storiche reali, che consentono al valore di scambio di esistere compiutamente. Ciò significa che la presenza -nel pensiero- della categoria economica non è sottoposta alle stesse condizioni, che valgono per la sua compiuta esistenza nel Dasein. Quando, però, una categoria è presente nel pensiero prima che nel Dasein, essa conduce un’esistenza antidiluviana, in un duplice senso: (a) perché è più antica della sua presenza nel Dasein; (b) perché esiste nella realtà ancora elementarmente, rozzamente, in somma, non ha ancora la ricchezza di rapporti con altre categorie, che la caratterizzerà quando sarà una compiuta presenza nel Dasein. Di nuovo, dobbiamo sottolineare la presenza di un motivo hegeliano: il compiuto dispiegarsi del concetto non è un mèro processo logico, ma sì logico-storico.
7. Qui Marx disaggrega il Geist hegeliano; ma poi lui stesso lo riaggrega (tema del rapporto fra struttura e sovrastruttura). Si potrebbe tentare, di nuovo, questo discorso: Marx non vuole sistematizzazioni conchiuse: d’accordo nel connettere i diversi livelli dell’esperienza, ma debbono pur restare gli scarti, le sfasature -e ciò si ha, quando si fissi bene che l’oggetto esiste indipendentemente dal soggetto, non è una sua ‘posizione’. Questo è, mi pare, il ‘materialismo’ di Marx, contro il quale Hegel -mi pare- non avrebbe nulla da obiettare. Cf. anche H.T. Wilson: 4.
8. La domanda ha senso perché Marx distingue fra il modo di costruzione del concreto da parte della mente, ed il modo, in cui lo stesso concreto si costruisce nel Dasein, nella storia effettiva. Marx opera questa distinzione perché non c’è ragione per cui i due modi debbano riflettersi immediatamente l’un nell’altro: al contrario, son possibili -non necessarie- discrepanze fra i due. Quello su cui Marx vuole insistere è che -nel Dasein, nella storia effettiva- possono presentarsi combinazioni, che non trovano posto nella ricostruzione logico-concettuale (anche assumendo «logico» e «concettuale» nel senso di Hegel e non, poniamo, in quello di Kant o dell’empirismo).
9. Anche questo è un motivo (la de-entificazione), che percorre tutto il discorso dialettico, da Hegel a Marx. Un tratto, che lega certamente Marx a tutta la linea della filosofia classica tedesca ed a Hegel, è ben indicato da Perlman: “L’ interesse centrale di Marx è l’ attività creativa umana e in particolare le cause e i meccanismi che fanno assumere a questa attività la forma dell’economia capitalistica. L’approfondito studio di Rubin mette in chiaro che questo non è stato semplicemente l’ interesse del ‘giovane Marx’ o del ‘Marx maturo’, bensì che questo è rimasto l’ interesse centrale di tutti i lavori teorici e storici di Marx, che si estendono per un arco di mezzo secolo.” (Perlman, Il feticismo delle merci: 18).
10. Su questo punto, analogo l’orientamento di A. Smith, come sottolinea S. Meikle, Essentialism in the Thought of K. Marx: 27.
11. Società per azioni.
12. In italiano nel testo.
13. Fondamentale: l’organizzazione dell’esercito può anticipare la forma dei rapporti di produzione nella società e fungere, in una certa misura, da modello.