Antiper | Tornate (?) nelle fogne
Tratto da Antiper, Essere antifascisti. Riflessioni su fascismo e democrazia, aprile 2009, ver. 2.0
Può non sembrare, ma uno slogan del tipo “Fascisti carogne, tornate nelle fogne” costituisce l’espressione (oltre che, molto spesso, di impotenza nascosta sotto parole truci) di una incomprensione storica su cui vale la pena di dire qualcosa.
Sia chiaro: nelle fogne, i fascisti, non sono stati mai. Sono stati, anche dopo il 1945, ai vertici del potere militare ed economico, ai vertici dei servizi segreti, ai vertici dello Stato. Hanno diretto le repressioni operaie del dopoguerra (Valletta alla FIAT, Scelba al Ministero dell’Interno); hanno progettato colpi di stato militari (Piano “solo”, Rosa dei venti, golpe Borghese…) con tanto di lista degli esponenti politico-sindacali da uccidere o imprigionare e con altissimi avalli istituzionali (Segni); hanno costruito un potere “occulto” dentro lo Stato (la loggia massonica “P2”) capillarmente ramificato soprattutto negli ambienti militari, ma anche nella comunicazione, nella politica…; sono stati la co-manovalanza dello Stato nella “strategia della tensione” con gli attentati che hanno fatto centinaia di morti; hanno costruito organizzazioni dedite alle più diverse attività di infiltrazione, provocazione, contro-rivoluzione preventiva… sotto l’egida della NATO (Gladio); hanno collaborato con forze mafiose negli attentati contro i sindacalisti meridionali, ecc…. E si potrebbe andare avanti per ore nell’elencazione delle attività che i fascisti hanno realizzato in concorso e sotto la protezione dei settori dirigenti (altro che “deviati”) dello Stato [1]. Il tutto, conseguentemente, senza essere mai o quasi mai perseguiti.
I fascisti sono stati capaci di costruire una rete di complicità e solidarietà, di appoggi e connivenze, che ha permesso loro di ricoprire ruoli importanti mentre eravamo noi, i proletari, che marcivamo nelle fogne delle fabbriche, morivamo di amianto, venivamo rinchiusi nei “reparti confino”, ci intossicavamo per salari da fame, finivamo in miseria dopo licenziamenti, ristrutturazioni, repressioni…
Perché ci si dovrebbe scandalizzare (come fanno sistematicamente molti antifascisti) del fatto che carabinieri e poliziotti massacrino di botte i compagni e non tocchino mai i fascisti? Intanto, i fascisti non si ribellano alle “forze dell’ordine” (se non, sporadicamente, allo stadio, a mo’ di esercitazione militare e per costruire un nemico su cui costruire la propria “identità”). I fascisti (ivi compresi i gruppi dell’eversione [2] nera), a prescindere dalle loro chiacchiere, sono una parte dello Stato e dallo Stato hanno ricevuto ogni tipo di appoggio e di impunità.
Se a livello istituzionale i fascisti hanno tenuto un profilo più basso è stato per evitare di urtare la suscettibilità degli antifascisti che si recavano più felici al lavoro se non vedevano in giro gente con il fez in testa e la bottiglia di olio di ricino in mano.
E del resto, perché si dovrebbe ricorrere ai fascisti quando sono ancora sufficienti mezzi più soft per tenere a bada il malcontento sociale, quando le contraddizioni non sono ancora esplosive, quando non si affaccia all’orizzonte alcuna soggettività e progettualità politica sufficientemente credibile da essere punto di riferimento politico ed organizzativo di un processo di sovvertimento rivoluzionario dell’esistente?
Perché usare “l’olio di ricino” quando ancora basta la televisione?
Note
[1] Per ricavare una serie di utili elementi di informazione sulle cosiddette “trame nere” ci si può riferire a lavoro giornalistico-televisivo di Sergio Zavoli, La notte della Repubblica, andato in onda nel 1989 e pubblicato anche come libro dalla Mondadori.
[2] Ma era poi “eversione” o non era piuttosto un’azione volta alla stabilizzazione del potere esistente?