Antiper | Carattere soggettivo e posizione oggettiva nella lotta contro l’imperialismo
Da Rivolta araba, raccolta di interventi sulle rivolte arabe del 2010-2011.
In questi anni abbiamo sempre cercato di distinguere tra il carattere soggettivamente antimperialista di movimenti come Hamas, la resistenza irachena, Hezbollah, i talebani… (carattere che, a nostro avviso, non poteva rilevarsi [1]) e la posizione oggettivamente di ostacolo ai piani dell’imperialismo nord-americano ed europeo che questi movimenti si trovavano ad occupare e che li rendeva meritevoli di un certo qual sostegno, malgrado il loro programma politico.
Per fare un esempio, un conto è la lotta encomiabile che Hezbollah conduce contro l’entità sionista in Medio Oriente; un altro conto è il tipo di società che Hezbollah ha in testa per il popolo libanese.
Ci piacerebbe che alla testa della resistenza contro il neo-colonialismo israeliano in Palestina vi fossero organizzazioni laiche, marxiste, comuniste, rivoluzionarie… Purtroppo la situazione non è questa e la sinistra costituisce una componente molto debole dell’attuale scenario politico palestinese.
La distinzione tra carattere soggettivo e posizione oggettiva di un movimento non è sofistica. Senza questa distinzione come potremmo trattare – ad esempio – la resistenza afghana che prima ha combattuto assieme agli “americani” e ora combatte contro di loro? Il carattere non è cambiato, la posizione sì. Si potrebbe anzi dire che la posizione è cambiata proprio perché non è cambiato il carattere del movimento talebano (in quanto movimento per la sovranità nazionale afghana, prima contro l’URSS, oggi contro gli USA).
Questa distinzione era – ed è – necessaria per comprendere ciò che si muove programmaticamente contro il capitalismo della fase imperialista da ciò viene a trovarsi, magari per necessità, per una fase, per una particolare contingenza storica… a contrastare concretamente le strategie fondamentali dell’imperialismo o di alcuni paesi imperialisti. Se non avessimo adottato questo criterio sarebbe stato impossibile prendere parte nel 2002-2004 (comunque con la nostra specifica impostazione e senza mai accodarci ai pacifisti-noglobal-socialforumisti) al vasto movimento contro l’aggressione imperialista all’Iraq e avremmo finito per adottare posizioni come quella dei curdi iracheni (“prima di tutto contro il dittatore Saddam”) che, in definitiva, hanno finito per appoggiare – dal momento che non la contrastavano – la strategia dell’imperialismo nord-americano.
Naturalmente, il sostegno ad una lotta di liberazione nazionale non può mai essere incondizionato, ma dipende dal fatto che esso sia concretamente utile alla lotta contro l’imperialismo.
Noi non siamo favorevoli alle ipotetiche secessioni della Padania, della Baviera o del Sud Tirolo. Meno che meno siamo stati favorevoli alle concrete secessioni della Croazia, del Kosovo, ecc… E perché? Perché quelle “liberazioni nazionali” non si collocavano contro i piani dell’imperialismo (ed in particolare della sua più aggressiva componente), ma dentro questi piani.
La guerra in Jugoslavia, ad esempio, è servita per riscrivere la mappa dell’influenza nei Balcani di alcune potenze (Germania e USA, innanzitutto).
Checché ne dicano alcuni euro-asiatici anti-americanisti in vena di scherzi la Russia di oggi non è certo un bastione della lotta contro l’imperialismo; è una delle frazioni in lotta all’interno del campo imperialista e, sebbene la sua rilevanza e la sua pericolosità sia enormemente inferiore a quella nord-americana, il nostro compito non deve essere quello di aiutare un imperialismo a prevalere su un altro, ma quello di abbatterli tutti (anche perché un imperialismo prevale quando la sua potenza militare ed economica prevale).
Ciò nonostante, la cosiddetta “liberazione” delle Repubbliche baltiche dal “giogo” russo ed il loro ingresso nell’Unione Europea è stata ed è utilizzata per indebolire la costruzione del polo imperialista europeo e per costringere una serie di paesi a più miti consigli, dopo l’euforia europeista degli anni ’90.
Note
[1] Ad esempio perché, banalmente, Hezbollah vedrebbe con grande favore la costituzione di un polo neo-imperialista su base ideologico-teocratica capace di esercitare la propria egemonia in Medio Oriente e non solo.