Antiper | Manipolazioni di Marx
Critica dell’introduzione di Marco Santoro (Giochi di potere. Pierre Bourdieu e il linguaggio del “capitale”) a Pierre Bourdieu, Forme di capitale, Armando editore, 2015
Ci è capitato solo di recente di leggere l’Introduzione che Marco Santoro, noto studioso del sociologo francese Pierre Bourdieu, ebbe a scrivere qualche anno fa per la pubblicazione di Forme di capitale [1].
Dato l’argomento del testo Santoro non può esimersi dal trattare della relazione tra il concetto di capitale in Bourdieu e il concetto di capitale in Marx, ma lo fa in modo da presentare sistematicamente la distanza, il distacco, la critica, la superiorità… di Bourdieu nei confronti di Marx
“molto distante però sia dal marxismo che dalla teoria economica” “[la] teoria economica (inclusa quella di orientamento marxista) concepisce un’unica specie o forma di capitale – il capitale economico” “uno dei capisaldi della visione sociologica di Bourdieu, strumento di rottura rispetto a qualunque visione economicista della società inclusa quella marxista con il suo primato accordato alla sfera economica e in particolare alla produzione di merci” “avvicinando Bourdieu a Weber piuttosto che a Marx” “sostanziale revisione del concetto così come questo era stato incorporato nella teoria economica (inclusa quella marxiana)” “distanza di questa definizione da quella che regge l’impianto analitico marxiano e le sue derivazioni” “prendeva le distanze dal marxismo ortodosso, il cui economicismo e panmaterialismo il sociologo ed etnologo Bourdieu non ha mai nascosto di considerare fuorvianti e inadeguati” “colpire il riduzionismo economicista di cui il marxismo è accusabile almeno quanto la teoria economica” [2]
Niente di particolarmente sorprendente; nelle università italiane si fa carriera trattando Marx come un appestato o almeno presentandone una versione “decaffeinata” e politicamente corretta.
Da questo punto di vista è molto più interessante l’approccio di chi, come Gabriella Paolucci [3], riconosce il debito di Bourdieu nei confronti di Marx e colloca il sociologo francese, pur con mille cautele, nel campo marxista.
Il problema semmai è che il posizionamento oggettivo di Bourdieu spesso non corrisponde al suo posizionamento soggettivo; perché se è vero che Marx è forse il principale interlocutore di Bourdieu è pur vero che questi è impegnato a distaccarsi dall’ambiente accademico e specialmente filosofico francese dominato da figure come quelle di Sartre e Althusser dai molti legami con il marxismo.
Ora, sicuramente Marco Santoro è esperto del concetto di capitale in Bourdieu, ma forse non è altrettanto esperto del concetto di capitale di Marx. Una frase come la seguente sembra infatti mostrare una conoscenza piuttosto limitata di Marx
“Per Marx il capitale è di natura economica – secondo una tradizione di pensiero e ancor prima lessicale che affonda le radici nel rinascimento italiano –; Bourdieu lo generalizza facendo del capitale economico, della forma economica di capitale, un caso tra i possibili”
Proviamo a leggere Marx
“La prima scoperta che il Wakefield ha fatto nelle colonie è che la proprietà di denaro, mezzi di sussistenza, macchine ed altri mezzi di produzione non imprime ancora all’uomo il marchio del capitalista, quando manchi il complemento, cioè l’operaio salariato, l’altro uomo che è costretto a vendersi volontariamente. Ha scoperto che il capitale non è una cosa, ma un rapporto sociale fra persone[256] mediato da cose.” [4]
“«Un negro è un negro. Soltanto in determinate condizioni egli diventa uno schiavo. Una macchina filatrice di cotone è una macchina per filare il cotone. Soltanto in determinate condizioni essa diventa capitale. Sottratta a queste condizioni essa non è capitale, allo stesso modo che l’oro in sé e per sé non è denaro e lo zucchero non è il prezzo dello zucchero… Il capitale è un rapporto sociale di produzione. È un rapporto storico di produzione» (KARL MARX, Lohnarbeit und Kapital. Neue Rheinische Zeitung, n. 266, 7 aprile 1849 [Lavoro salariato e capitale]).” [5]
Per Marx il capitale non è affatto qualcosa che ha a che fare solo con l’economia, ma è qualcosa che ha a che fare con la totalità delle dimensioni sociali: “il capitale è un rapporto sociale di produzione”.
C’è la dimensione economica, certo, ma anche quella politica, quella giuridica, quella storica, quella ideologica, ecc… Per Marx il capitale è anzitutto un rapporto sociale tra classi che si presenta come rapporto con cose (e lo spiega bene nella splendida parte sul feticismo [6]); il capitale è un rapporto delle classi sociali con la riproduzione storicamente determinata del modo di produzione capitalistico (che non è, come pensa Santoro, il modo in cui si producono le merci, ma il modo in cui si riproduce l’intera vita sociale). Il capitale non è dunque denaro (sebbene sia anche denaro), non è merce (sebbene sia anche merce), non è lavoro morto incorporato (sebbene sia anche lavoro morto incorporato), non è general intellect (sebbene sia anche general intellect)… Il capitale è, ripetiamolo, un rapporto sociale e dal punto di vista di Marx un rapporto di sfruttamento; per inciso, se davvero Bourdieu non è interessato al tema dello sfruttamento (come ripete più volte Santoro) allora molto molto male per Bourdieu, le cui analisi si ridurrebbero in definitiva a esposizioni fenomenologiche incapaci di cogliere l’essenza del mondo sociale. Vedo persone (e non classi) che hanno capitale culturale e altre che non ne hanno, vedo persone (e non classi) che hanno capitale economico e altre che non ne hanno, vedo persone (e non classi) che hanno capitale simbolico e altre che non ne hanno… e poi non sono capace di cogliere la relazione tra “avere” e “non avere” e ciò che questa relazione ha a che fare con la riproduzione del capitale nelle sue varie forme? Che tipo di sociologo sarei? Un sociologo inutile a dir poco. Oppure, peggio ancora, un sociologo che nasconde dietro mille parole la realtà sociale per aiutarla a riprodursi senza trasformarsi. Ci pare tuttavia che non sia questo il caso di Bourdieu che anzi cerca di mostrare la riproduzione del modo di produzione capitalistico da versanti interessanti come quello dei consumi di classe [7] o quello dell’habitus di classe.
La vulgata del Marx economicista (di cui la riduzione a denaro della concezione del capitale è un caposaldo) è uno dei tanti modi per deformare il pensiero di Marx presentandolo in modo unilaterale, monco, limitato. Si taglia un braccio a Marx e poi si grida che a Marx manca una mano. È anche questa una “interiorizzazione dell’esteriorità” ovvero una vulgata che a forza di essere ripetuta come vera è divenuta vera, per Marco Santoro e per molti altri. Ovviamente qualche decennio fa a nessuno sarebbe venuto in mente di confinare il laboratorio di Marx in un solo campo e men che meno in quello “economico”. Ma tant’è, questi sono i (poco interessanti) tempi che ci è toccato di vivere.
Diversamente da quello che pensa Marco Santoro, se c’è una cosa che si dovrebbe riconoscere a Marx e ad Engels è proprio quella che i loro studi sono stati straordinariamente inter-disciplinari: dalla filosofia, alla storia, all’antropologia, all’economia politica, al diritto, alla sociologia, alla politica… Persino alla matematica. Questo è stato, in certa misura, il portato dell’idea hegeliana del vero come intero. E al centro di tutti questi studi c’è la concezione del capitale come rapporto sociale.
Poi, magari, qualcuno non ha capito che tra i diversi tipi di capitale esiste uno stretto legame e che sono vere e proprie eccezioni quelle di chi (proprio come Bourdieu) riesce ad accumulare capitale culturale e simbolico pur partendo da un capitale economico molto limitato. Il sogno americano è, appunto, solo un sogno. Faccia, Santoro, un’analisi di classe dei vari livelli scolastici e accademici e vedrà che capitale culturale e capitale economico, capitale economico e capitale simbolico… sono molto, ma molto più correlati di quanto egli pensi. Perdere di vista questa correlazione sarebbe, quello sì, straordinariamente fuorviante.
Il Capitale e il contributo teorico di Marx (e Engels) sono pronti per essere studiati e, ovviamente, per essere criticati e integrati. Non c’è bisogno di sminuire la portata del pensiero di Marx per esaltare quella di Bourdieu. Se lo si fa è perché forse inconsciamente si pensa che Bourdieu non sia all’altezza di Marx. Non c’è bisogno, quindi, di ridurre Marx a sempliciotto, continuatore di una presunta tradizione rinascimentale, per far risaltare l’ampiezza del concetto bourdesiano di capitale.
Le cose stanno esattamente all’opposto da come le pone Santoro: il concetto di capitale di Marx è il più generale (e quindi anche il meno specifico) che si potesse dare dal momento che abbraccia tutte le dimensioni della relazione sociale; questo vuol dire che ciascun caso particolare del concetto di capitale di Bourdieu (capitale economico, capitale culturale, capitale simbolico…) non è che un’astrazione (in senso hegeliano) del concetto di capitale di Marx.
Ma non è questo, comunque, il punto. Sarebbe molto più utile far dialogare Marx e Bourdieu nell’interesse dei lavoratori, dello sviluppo del marxismo e anche nell’interesse del contributo bourdesiano che a volte è debole proprio perché si allontana da Marx mentre altre volte è forte proprio perché sa interpretare in modo produttivo le categorie marxiane. L’analisi accademicistica che Santoro fa di Bourdieu [8] non gli rende alcun merito ma, al contrario, lo riconduce al frullatore del dibattito accademico dal quale egli, pur senza riuscirci, aveva tentato di sottrarsi [9].
In realtà c’è in Bourdieu molto più Marx di quanto lo stesso Bourdieu non sospettasse a causa di un certo narcisismo che gli ha impedito di riconoscere esplicitamente l’ampiezza dell’eredità che ha raccolto – e non poteva non raccogliere – da Marx.
Si pensi al rapporto tra soggettività e oggettività che lo stesso Santoro vorrebbe scagliare contro un presunto “oggettivismo” marxista
“prospettive di analisi, quella oggettivista propria della scienza sociale d’ispirazione epistemologica positivista (ma anche marxista)” [10]
Santoro non sa che l’oggettivismo di cui parla è forse riferibile a Feuerbach, ma di certo non a Marx.
“Il difetto principale di ogni materialismo fino ad oggi, compreso quello di Feuerbach, è che l’oggetto, il reale, il sensibile è concepito solo sotto la forma di oggetto o di intuizione; ma non come attività umana sensibile, come attività pratica, non soggettivamente. E’ accaduto quindi che il lato attivo è stato sviluppato dall’idealismo in contrasto col materialismo, ma solo in modo astratto, poiché naturalmente l’idealismo ignora l’attività reale, sensibile come tale. Feuerbach vuole oggetti sensibili realmente distinti dagli oggetti del pensiero; ma egli non concepisce l’attività umana stessa come attività oggettiva.” [11]
E del resto, se Marx avesse coltivato una visione deterministica e anti-dialettica dell’agire, una visione in cui si viene semplicemente agiti dalla struttura “economica”, di certo non avrebbe perso tempo a promuovere partiti e organizzazioni operaie, dalla Lega dei comunisti, alla Prima Internazionale. Evidentemente riteneva il lato soggettivo, attivo, particolarmente importante.
Non solo non c’è in Marx alcuna sottovalutazione della agency, ma si potrebbe al contrario dire che il motto del materialismo storico è “la storia è storia di lotte di classe” [12].
Ora uno può anche non esplicitare i propri debiti intellettuali. A volte cambiare la firma sotto un concetto può persino permettere al concetto di avere una maggiore circolazione. Marx infatti ha un grande handicap nel campo intellettuale (del quale peraltro si disinteressava completamente): il suo contributo teorico è strettamente legato al suo impegno politico. Né Marx né, tanto meno, Engels avrebbero mai potuto trovarsi in Algeria durante la guerra di liberazione anti-coloniale e limitarsi agli studi etnologici sugli usi e i costumi delle popolazioni cabìle.
Ma si potrebbe anche dire che proprio la scelta di usare la parola “capitale” – che non a caso a Santoro appare una “mossa paradossale” – non è dettata dalla volontà di “colpire il riduzionismo economicista di cui il marxismo è accusabile almeno quanto la teoria economica” (?) ma, tutto al contrario, di riconoscere l’ambito del dibattito e collocarvisi per offrire il proprio contributo.
Note
[1] Marco Santoro, Giochi di potere. Introduzione a Pierre Bourdieu, Forme di capitale, Armando Editore, Roma, 2015.
[2] Marco Santoro, Ibidem.
[3] Gabriella Paolucci, Bourdieu e Marx. Pratiche della critica, Mimesis, Milano, 2018.
[4] Karl Marx, Il Capitale, pag. 828, VII. Il processo di accumulazione del capitale, Editori Riuniti, Roma, 1980.
[5] Ibidem, nota 256.
[6] Karl Marx, Il Capitale, Libro I, Sezione I, Capitolo I, §4. Il carattere di feticcio della merce e il suo arcano.
[7] Cfr. Pierre Bourdieu, La distinzione.
[8] Cfr. Cantiere Bourdieu @Istituto Italiano di Studi Filosofici.
[9] Cfr. Pierre Bourdieu, Questa non è un’autobiografia. Elementi per un’autoanalisi, Feltrinelli, Milano, 2005.
[10] Marco Santoro, Ibidem.
[11] Karl Marx, Tesi su Feuerbach.
[12] Cfr. Marx-Engels, Manifesto del partito comunista.