Note di lettura a Tina di Pino Cacucci
Pino Cacucci, Tina, Editore: Universale Economica Feltrinelli, Settima edizione marzo 2011
“Il mondo non è contenuto adeguatamente nel formato di una macchina 35 mm”.
Così affermava negli anni 40 del ‘900 Eugene Smith (1918-1978) uno dei padri del fotogiornalismo americano.
Pare aver preso ispirazione da Tina Modotti (1896-1942) la fotografa friulana che ha dedicato la sua vita all’arte, tentando varie strade tra le quali il teatro e il cinema di Hollywood, per fermarsi poi in modo immutabile su quella della fotografia ma, non soddisfatta di posare lo sguardo sulle sofferenze umane senza contribuire in modo concreto ad alleviarle, supera la fotografia stessa e va oltre: non può più raccontare la realtà attraverso una lente e un’inquadratura limitata, si muove nell’inquadratura stessa per dilatarla il più possibile al fine di abbracciare uno spaccato di mondo sempre più ampio con l’intenzione di cambiarlo. Per questo motivo abbandona l’attività di fotografa e si dedica completamente alla militanza nel partito comunista che la porterà a viaggiare molto, parteciperà alla guerra civile in Spagna, presterà servizio nel Soccorso Rosso e si troverà all’interno di un movimento che diventerà per lei unica risposta di vita e roccia a cui aggrapparsi nei momenti di fragilità.
Tina Modotti lascia l’Italia all’età di 17 anni e raggiunge suo padre a San Francisco dove coltiva la passione per l’arte, il teatro e infine la fotografia. Si trasferisce in Messico ed è qui che si delineano i contorni sempre più definiti della Tina fotografa.
Deve a Edward Weston l’acquisizione di tecnica e competenza nel campo fotografico, si dimostra fin dai primi contatti un’allieva e assistente che assorbe con tale e tanta facilità gli insegnamenti del fotografo che ben presto si trasforma da bellissima modella e aiutante, in artista indipendente che rivela una propria autonomia di sguardo sul mondo circostante che la porterà ad essere la grande fotografa che oggi conosciamo.
Nella biografia di Pino Cacucci “Tina” ci viene lentamente svelata in tre aspetti particolari: la donna bellissima e originale che cattura gli sguardi compiaciuti di molti uomini, donna innamorata dell’arte che fa innamorare di sé mentre cerca una sua strada da percorrere in tale campo. A Città del Messico frequenta gruppi di artisti (tra i quali Diego Rivera, Frida Khalo, José Clemente Orozco) e insieme a loro anima la vita culturale della città.
Assistiamo poi al fiorire di Tina come fotografa che con serietà si dedica allo studio costante per raggiungere livelli sempre più elevati sia nella tecnica che nella creatività, scegliendo soggetti che per lei sono rappresentativi del messaggio di uguaglianza sociale; le sue fotografie infatti raccontano le mani dei lavoratori, le manifestazioni politiche, i simboli del lavoro agricolo, le donne, le ingiustizie che si respirano, ma racconta anche di fiori, di traiettorie architettoniche, di linee geometriche seducenti che lasciano spazio all’immaginazione e che rivelano uno sguardo romantico ma anche deciso e concreto.
Leggiamo infine della Tina militante politica che, stanca di guardare la realtà dall’obiettivo della macchina fotografica, decide di eliminare qualsiasi filtro tra lei e la vita: il mondo che le scorre davanti va cambiato e l’impegno politico diventa l’unica degna ragione per vivere la vita.
Tina opera una scelta definitiva abbandonando la macchina fotografica per la lotta di classe, come ben esprime Pino Cacucci nelle righe seguenti:
“L’interesse per i problemi sociali diventa passione politica, e in lei crescono dubbi sul rapporto fra arte e impegno militante. La sperimentazione e la ricerca non bastano più, si convince che anche la fotografia, soprattutto la fotografia, debba esprimere qualcosa che vada oltre il formalismo estetico che sta virando ormai alla rarefazione, all’astrattismo puro. Sente di dover incidere sulla realtà, rappresentandola nei suoi aspetti più controversi, cogliendone il malessere, esaltandone la forza di ribellione ovunque si manifesti”.
La figura di Tina Modotti descritta da di Pino Cacucci affascina perché pare di leggere un romanzo in cui la protagonista si lancia costantemente in nuove avventure, accetta sfide, non lascia nulla al caso ma è protagonista attiva della propria vita, prende decisioni e pare non esitare mai: facile subire questo fascino, facile trovarsi a leggere in modo quasi forsennato per sapere come va a finire la storia. Ma quale storia? “Tina” non è una storia, non è un romanzo, ma è la verità di una donna che ha dedicato la propria vita a un ideale.