Antiper – Le imprecise precisazioni di Diego Fusaro
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Caro Diego
abbiamo avuto modo di leggere la tua lettera di precisazione (Marx a Casapound) che ci pare in buona misura opera di fantasia (come i romanzi di Harry Potter) in quanto contiene affermazioni e ci attribuisce pensieri che possono essersi generati soltanto durante un qualche tuo sogno notturno. Malgrado sia difficile dialogare con le invenzioni proviamo a precisare la precisazione cominciando dalle cose meno interessanti; strada facendo verremo a quelle più sostanziose.
Antiper non ti ha mai accusato di essere fascista. Sei stato tu, semmai, che hai accusato Antiper di avere un ‘atteggiamento fascista’ tuonando dalle colonne di quel noto giornale ‘universalistico’ e ‘libertario’ che è Libero
Lo stesso Simone Di Stefano, vice Presidente di Casapound, ti scrive su Facebook che è ridicolo che tu te la prenda con gli antifascisti accusandoli di essere fascisti. Appunto, è ridicolo: i fascisti sono quelli di Caspound; i marxisti sono – o ambiscono ad essere – quelli di Antiper.
Se ti avessimo considerato fascista perché ci saremmo dovuti “scandalizzare” per le tue assemblee in una sede fascista e perché ti avremmo chiesto di recedere dall’intenzione di partecipare ad una di queste? Ti risulta che ci siamo mai lamentati del fatto che Di Stefano o Iannone tengano conferenze a Casapound? Se abbiamo sollevato la questione con te (prima privatamente, come sai, e solo dopo pubblicamente, di fronte proprio alla tua indisponibilità al confronto e alla tua pretesa di non poter essere consigliato) è perché ti consideravamo una risorsa per coloro che combattono contro il capitalismo; diciamo così, un “marxista ipotetico”, per dirla con Gaber: uno che sarebbe potuto divenire marxista. Ci pare sempre più chiaro che non ce l’hai fatta e ne prendiamo atto a malincuore.
Noi non diamo lezioni a nessuno; né di marxismo, né di filosofia, né di nient’altro. Abbiamo solo detto cosa pensiamo. Non è adesso che solo tu e Casapound potete parlare di Marx. Concedi anche a noi, oltre che a Gianluca Iannone, di poter dire cosa pensiamo di Marx e cosa pensiamo del tipo di rapporto che intercorre tra Marx e chi si considera fascista. Ritenendo che tu stessi facendo un errore molto grave te lo abbiamo detto, non ti abbiamo affatto minacciato. Non abbiamo minacce da sprecare inutilmente.
Definisci sprezzantemente poco raffinate le argomentazioni della nostra lettera e dici che è piena di non meglio precisati “luoghi comuni”. Poi scrivi
Si potrebbe contro-argomentare – poco raffinatamente, ça va sans dire, perché noi non siamo ricercatori all’Università di Don Verzé – che anche accusare il prossimo di essere peggio dell’Inquisizione – che ha torturato e fatto bruciare centinaia di migliaia, forse milioni, di persone – è qualcosa di cui ci si potrebbe risentire. Ma noi siamo più tolleranti di te e preferiamo concentrarci sul passaggio ‘teorico’:
Ora, naturalmente, se ci mettiamo a parlare di Verità si fa notte. Limitiamoci a qualche semplice domanda: se uno dei nipotini di Goebbels che frequentano i gruppi del neo-fascismo italiano critica Israele e la sua politica repressiva e genocida nei confronti del popolo palestinese è, secondo te, altrettanto meritevole di rispetto e di ascolto, diciamo, di un rifugiato proveniente dal campo profughi di Sabra o Chatila? Secondo te la verità che Israele conduce una politica genocida verso i palestinesi – che è certamente vera indipendentemente da chi la enuncia, ha lo stesso senso nella bocca di Adolf Eichmann e del profugo palestinese? Muovono da una stessa intenzionalità etica, le due affermazioni? Noi non lo pensiamo. Pensiamo, al contrario, che due identiche azioni o due identiche affermazioni, quando muovono da e verso una diversa prospettiva devono essere giudicate in modo diverso. Anche perché, come dovresti sapere, la scelta di due diverse serie di affermazioni vere può produrre due sensi del discorso completamente diversi, pur non cambiando per nulla la natura di verità di ogni singola affermazione di ognuna delle serie. Non è proprio quello che fa spesso la dis-informazione dominante ovvero scegliere ad arte i fatti, de-contestualizzandoli, privandoli della propria cornice storica, sociale, culturale… e componendoli in modo da produrre una lettura piuttosto di un’altra?
E poi perché pensi che sia socraticamente utile far dialogare Gianluca Iannone, per il quale le carceri fasciste erano luoghi di villeggiatura, con il villeggiante Antonio Gramsci? È questa la tua idea di conflitto, la vittima che si mette a chiacchierare amabilmente con il carnefice?
Quale alleanza possono praticare proficuamente i nazisti antisemiti che avrebbero voluto distruggere Israele e i palestinesi che lottano per il riconoscimento del loro sacrosanto diritto all’autodeterminazione nazionale contro l’entità sionista? Il nazionalsocialismo di Hitler e la lotta di liberazione nazionale, poniamo, del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina erano uguali in quanto entrambi avevano al centro della propria politica il concetto di ‘nazione’, come lo chiami tu? Se non capisci la differenza tra il nazionalismo socialista basco e il nazionalismo di Franco ovviamente non capisci come mai i baschi siano stati in prima linea nella lotta contro il fascismo (in quel caso, franchista).
Prendi la questione dell’euro. Te lo dicemmo anche a Pietrasanta, a margine della conferenza: la tua impostazione sulla questione euro/Europa è sbagliata (come lo è quella di tutti i sovranisti in circolazione e anche quella di ampi settori della sinistra). Di per se stessa – ovvero senza condizioni – la disintegrazione dell’euro fa solo il gioco del suo principale oppositore che non sono le masse popolari europee (che non hanno nessuna voce in capitolo), ma il dollaro, ovvero l’imperialismo USA che invece di voce in capitolo ne ha molta e la usa in tutti gli scenari internazionali. Quindi non si può inneggiare all’uscita dall’Europa o dall’euro senza domandarsi quale tipo di uscita si debba auspicare e quali misure debba comportare.
Emiliano Brancaccio – che non è marxista, ma è molto più serio di te su questo tema -, capisce che c’è modo e modo per uscire dall’Europa; lui, questi modi, li chiama “uscita a destra” e “uscita a sinistra”. Per evitare che l’uscita dall’area euro e la svalutazione della neo-lira si scarichi integralmente sulle spalle dei lavoratori sono necessarie parecchie misure politiche ed economiche che, in un quadro come quello attuale, si configurerebbero di fatto come una sorta di vera e propria autarchia; bisognerebbe bloccare i capitali in ingresso per evitare la svendita degli asset nazionali svalutati; bisognerebbe bloccare i capitali in uscita per evitare la loro fuga verso monete non svalutate e mercati più profittevoli; bisognerebbe reintrodurre una “scala mobile” per mantenere il potere di acquisto dei salari; di conseguenza, bisognerebbe uscire dal mercato internazionale perché con la crescita dei salari e dei costi di produzione ad essi correlati le merci italiane perderebbero molta, se non tutta, la maggiore competitività derivante dalla svalutazione della moneta; bisognerebbe bloccare le importazioni di materie prime e mezzi di produzione – che continueremmo a comprare in dollari o in euro – perché verrebbero a costare molto di più, bisognerebbe contare molto meno sul finanziamento del debito derivante dalla collocazione di titoli di stato in lire; bisognerebbe impedire che le eventuali maggiori esportazioni fossero realizzate attraverso un aumento della produttività (di cui tanto si parla) ciò che non produrrebbe la tanto desiderata crescita occupazionale neppure in caso di crescita del PIL, ecc, ecc…
Quale governo sarebbe in grado di produrre questa serie di misure? Sai, Diego, cosa successe con la svalutazione seguita all’uscita dallo SME nel 992? Per fare solo esempio, vi fu una perdita secca di potere d’acquisto dei salari dell’ordine di oltre il 20%. Ci parlerai tu, con i lavoratori italiani, quando avranno perso un quinto del loro potere d’acquisto ma avranno avuto in cambio la tua splendida “comunità nazionale”?
Il problema di Brancaccio è che nel quadro attuale “l’uscita a sinistra” (cioè l’uscita a vantaggio dei lavoratori) è oggettivamente impossibile. Per cui ci troviamo nella situazione che se restiamo nell’Europa le conseguenze si scaricheranno sui lavoratori e se ne usciamo, pure; e questo per la semplice ragione che nell’odierno turbo-capitalismo – o capitalismo assoluto come lo chiami tu – l’unica possibilità per i lavoratori di non patire le conseguenze di ogni scelta è quella di essere essi stessi a compiere le scelte; di passare, cioè, da una formazione economico-sociale di tipo capitalistico ad una di tipo socialista. E purtroppo questo, al momento, non è praticabile per la banale ragione che i lavoratori ancora sembrano legati a vecchie illusioni e alla speranza che, passata la burrasca, tutto torni come prima.
Quando tu giocavi ancora con i soldatini, noi prendevano posizione e ci battevamo nelle piazze contro la guerra in Jugoslavia affermando che si trattava di una guerra che si inseriva nel quadro della costruzione del polo imperialista europeo. Capisci? I-m-p-e-r-i-a-l-i-s-t-a.
Definivamo imperialista la costruzione europea quando nessuno dei tuoi amici iper-sovranisti e euro-scettici diceva un bel nulla e anzi milioni persone pagavano felicemente la “tassa su Maastricht” applicata dal governo Prodi-Bertinotti senza che nessuno fiatasse perché la crisi sembrava ancora lontana; negli anni successivi specificammo che l’Europa era nata dal punto di vista esclusivamente monetario perché l’unica cosa che interessava realizzare ai centri di potere europei era una moneta abbastanza forte da contendere il primato del dollaro (per questo, l’euro fu, sin dalla sua incubazione – l’ECU – agganciata alla moneta dell’economia più forte d’Europa, la Germania, come ci insegna Guglielmo Carchedi [1]).
Scrivere che stiamo dalla parte del “folle progetto eurocratico” e della globalizzazione capitalistica è mentire sapendo di mentire.
Inventando bersagli polemici inesistenti e poi confutandoli dimostri di essere in malafede e di non avere più argomenti. Quella che hai scritto è infatti una cosa che, di noi, nessuno può neppure anche solo lontanamente pensare. Piuttosto, la si sarebbe dovuta pensare del tuo maestro Costanzo Preve che ai suoi tempi proponeva esplicitamente l’alleanza euro-asiatica in funzione anti-americanista: Europa-Russia vs USA. E su questa base dialogava socraticamente con personaggi su cui non diamo definizioni per non incorrere nell’accusa di essere inquisitori. Questo è ciò che nella tradizione novecentesca si sarebbe definito schierarsi con un imperialismo in lotta contro un altro, voto ai crediti di guerra, socialsciovinismo, ecc., ecc… Bei tempi, quando le parole avevano un senso e c’era ancora adaequatio tra concetti e realtà…
A leggere una cosa di questo tipo
vien da pensare che la laurea tu l’abbia comprata su eBay. Intanto, scrivere che sfruttati e sfruttatori non si incontrano nel mercato globale significa battere a caso i tasti sulla tastiera. Forse al San Raffaele sfruttati e sfruttatori si incontrano poco perché magari gli immigrati sottopagati che fanno le pulizie arrivavano quando Don Verzé era già uscito dal suo magnifico ufficio.
Se tu passassi meno tempo in compagnia di intellettuali socratici e raffinati come Gianluca Iannone e leggessi un pochino di più Lenin sapresti che ha scritto lunghi e fondamentali testi sul diritto dei popoli all’autodeterminazione nazionale. Circolava addirittura un vecchissimo libro che ne raccoglieva i principali; se vuoi te lo fotocopiamo. Sapresti, inoltre, che sulla questione della patria Lenin ebbe a dire, come sempre in modo geniale, l’unica cosa che sia giusto dire, ovvero che solo dopo una rivoluzione socialista i socialisti diventano patrioti e che fino ad allora il primo imperialismo che devono combattere è l’imperialismo di casa propria (altro che nazionalismo e alleanza con i fascisti contro l’Europa). Sapresti che prima, durante e dopo la fase dell’Ottobre, vi furono forti dibattiti sul tema del diritto all’autodeterminazione tra Lenin che lo sosteneva ed altri che lo sottovalutavano (come ci insegna Charles Bettelheim).
E se tu non fossi così sbrigativo nel liquidare la storia del comunismo novecentesco, dalla quale ti piace tanto dissociarti il più che si può, sapresti anche che i comunisti hanno sempre sostenuto ogni lotta di liberazione nazionale e di indipendenza che si sia svolta in Africa, in Asia, in America Latina e che avesse uno spirito progressivo, a cominciare dalla stessa Resistenza e Guerra di liberazione del ’43-’45 in Italia. Sai na sega te – diremmo nel gergo poco raffinato che caratterizza i bassifondi culturali nei quali starnazziamo noialtri cafoni – dell’OSPAAAL, di Thomas Sankara, di Franz Fanon… Secondo te chi sosteneva le lotte di liberazione in Algeria, in Irlanda del Nord, nei Paesi Baschi, in Palestina, a Cuba, nel Vietnam e in decine di altri paesi ecc…? Ma di cosa stai vaneggiando? Ma sareste tu e Bloch i soli ad aver capito l’importanza della ‘questione nazionale’? Meno spocchia, ragazzo. La storia del movimento operaio, dei movimenti di liberazione nazionale e sociale, per ora l’hai studiata sul Reader’s Digest. Applicati che puoi solo migliorare.
Continui a ripetere come un orologio a cucù rotto che non ha senso definirsi antifascisti in assenza di fascismo. Forse pensi che sia una frase intelligente, ma purtroppo non lo è. Se vogliamo dire che l’Italia del 2014 non è una formazione economico-sociale-istituzionale di tipo fascista, allora sì, l’Italia di oggi non è il regime fascista degli anni ’40 (contro al quale persino tu ti saresti opposto, nientemeno!, chissà come si sarebbero cagati sotto) e che è invece una democrazia capitalistica avanzata – volendo con questo intendere che è avanzata dal punto di vista della degenerazione capitalistica e dunque tutto meno che avanzata dal punto di vista democratico (almeno per come si intende comunemente il termine democrazia) –; va bene, hai scoperto l’acqua tiepida, neanche calda. Orbene? Siccome quelli che ci deporterebbero ad Auschwitz oggi non possono farlo perché non sono ancora abbastanza forti questo dovrebbe essere un buon motivo per allearci con loro ed aiutarli a crescere attraverso comuni battaglie in modo tale che poi possano finalmente deportarci? Ma Logica c’era all’Università di Torino o sei stato assente a lezione?
Il fascismo non c’è, in Italia ovviamente, per la semplicissima ragione che oggi non serve a nulla; le tensioni sociali sono ancora saldamente sotto controllo. Il che vuol dire che noi, desiderando e concorrendo a promuovere il conflitto sociale (che tu stesso ogni tanto dici di auspicare e di cui lamenti a chiacchiere la mancanza) rendiamo vieppiù necessario il ricorso ai fascisti per somministrarci ampie dosi di “olio di ricino”; o magari stavolta ci daranno di peggio, come in Argentina o in Cile, negli anni ’70 e ’80. Già, perché il fascismo c’è stato anche dopo gli anni ’40 e c’è anche oggi (se ti capita di accendere la televisione butta un occhio alla situazione ucraina così magari cerchi di capire che tipo di alleanza potresti fare da quelle parti); anche se non sei internazionalista non puoi pensare che ciò che accade fuori dalla tua bella ‘comunità nazionale’ non ti riguardi; che se hanno sterminato 6 milioni di ebrei, comunisti, zingari, slavi, handicappati, froci… chi se ne importa perché lo hanno fatto in Germania negli anni ’40 e noi invece viviamo in Italia nel 2014? O sei uno di quelli che lo pensa?
E poi: il fascismo non c’è, ma i fascisti ci sono. E sono parte del blocco reazionario che combatte con tutte le proprie forze il nostro tentativo di costruzione di un’alternativa al capitalismo, magari anche infiltrandosi nelle nostre fila, usando e deformando le nostre idee, ecc… Molti, nella sinistra antagonista, li sopravvalutano e scatenano guerre tra bande che noi non consideriamo molto interessanti (ma che comprendiamo se ci mettiamo nell’ottica dello spirito giovanile). Tu, all’opposto, ti sbatti come un matto per sottovalutarli. Perché? Perché senti così forte il bisogno di sottovalutare il ruolo che i fascisti tendono ad avere in ogni situazione critica? Perché senti tanto il bisogno di dialogare con le loro organizzazioni e con i loro intellettuali quando sai che c’è un lavoro immenso da fare e non c’è tempo da perdere?
Studiati un po’ della storia d’Italia e vedrai quale ruolo abbiano svolto i fascisti, non negli anni ’40, ma lungo tutto il dopoguerra. Ti suggeriamo tre nostri interventi: Il ciclo sgonfiato [2], Essere antifascisti [3], Tutto è restato impunto [4]. Vedrai che lì non c’è nulla dell’antifascismo di facciata e da parata, giustamente esecrabile, e c’è invece una lettura articolata della vicenda politica italiana. Dopodiché, anche se in Italia il fascismo storico è finito nel 1945, Pasolini – che tu stesso citi – chiamava clerico-fascista il sistema che ne aveva preso il posto per segnalarne gli elementi di continuità.
Padronissimo di definirti, come fai su Facebook, gentiliano; ma noi troviamo a dir poco di pessimo gusto cercare di mettere assieme il Gentile carceriere e il Gramsci carcerato. Forse a te non importa che oltre alle aule di filosofia ci sia anche un mondo reale fatto di sentimenti, di passioni, di carne, di sangue, di sofferenza… A noi importa e pensiamo che se tutti i filosofi fossero così algidamente indifferenti bisognerebbe soffocarli nella culla, dal primo all’ultimo, altro che due bastonate. Per fortuna non è così e la filosofia, la politica, sono spesso lotta, passione, battaglia delle idee e non solo delle idee. E sono anche assunzione di responsabilità, coraggio intellettuale, partigianeria.
Dici che l’internazionalismo non va bene perché oggi l’internazionalismo è dei mercati e della finanza. Solo oggi, dici? Ma secondo te per quale ragione Marx scriveva “Proletari di tutto il mondo unitevi”? Forse perché, appunto, il capitalismo stava evolvendo verso una dimensione internazionale e globale? Leggiti Beverly Silver così impari qualcosa sulla globalizzazione [5] perché da quello che scrivi viene il sospetto che anche qui tu sia un po’ a corto di idee
Intanto sappi che le teorie decresciste di Serge Latouche che spopolano nel fu movimento no global ed ora tra i grillini (non a caso oltristi come te) sono talmente poco realistiche che lo stesso Latouche è stato costretto ad integrarle con un potente correttivo: la decrescita felice si può realizzare, di fatto, solo con l’uscita dal capitalismo (perché, aggiungiamo noi, con il capitalismo c’è già una decrescita molto infelice per centinaia di milioni di persone sul pianeta). Perfetto, quando saremo usciti dal capitalismo ne riparleremo. Tuttavia padroni Latouche e Fusaro di dichiararsi decrescisti, ma Marx che c’entra?
Soffermiamoci comunque un attimo perché qui viene fuori una questione rilevante ovvero la tua adesione oggettiva – discepolo fedele fino all’ultima sciocchezza del proprio maestro – a quello che viene raffinatamente chiamato comunitarismo (e che a noi sembra fortemente intriso di organicismo).
Ora, sebbene la parola “comunitarismo” sia foneticamente simile alla parola “comunismo”, i due concetti non solo non sono simili, ma sono piuttosto opposti. Il comunitarismo è l’esaltazione di ciò che divide (la specifica comunità che può essere dei più diversi tipi: nazionale, razziale, culturale, sociale…). La “comunità nazionale” che ci proponi, Diego, con i tuoi continui appelli sovranisti e con la tua battaglia contro l’internazionalizzazione della lotta contro il capitale (relegata ad un domani ipotetico) conducono oggettivamente ad un organicismo nazionalistico e interclassista che ‘taglia’ non solo il genere umano, ma anche le classi sociali (per cui, a sentire te e come se non fosse già abbastanza così, i lavoratori italiani dovrebbero – neo-corporativamente – unirsi con i padroni italiani per scagliarsi contro i lavoratori e i padroni tedeschi in nome della sovranità nazionale, ecc…).
A te sembrano cose nuove, frutto della tua mente raffinata, ma invece sono cose vecchie come il cucco. E se ti leggi qualcosa sull’Italia proletaria e la “perfida Albione” – ruolo che oggi è assegnato alla Germania – forse lo capisci.
Depistare dalla lotta contro il capitalismo alla lotta contro l’Europa e in special modo contro la Germania, significa fomentare gli odi nazionali tra i lavoratori ed operare, consapevolmente o meno, per la nazionalizzazione del conflitto sociale che verrà; significa preparare la strada ad una deriva nazionalistica che non ha nulla a che vedere con gli interessi dei lavoratori perché a condurci “in Europa” sono stati governi (di centro-destra e centro-sinistra) italiani, partiti italiani, leader politici italiani, industriali e banchieri italiani, elettori italiani, ecc… Se uno dovesse guardare banalmente alla situazione del welfare (senza domandarsi come essa si sia determinata) bisognerebbe chiedere l’annessione alla Germania, altro che la scissione dall’Europa.
E quando, quindici anni fa, ci scagliavamo contro la costruzione dell’Europa imperialista e contro i nazionalismi reazionari che smembravano la Jugoslavia per soddisfare le richieste del Vaticano, di Berlino, di Parigi e di Washington… al nostro fianco non erano in molti.
Al contrario del comunitarismo, il comunismo è l’esaltazione di ciò che unisce perché punta al superamento dialettico della dimensione di classe (attraverso la liberazione rivoluzionaria “dell’ultima classe”) e al raggiungimento della dimensione di genere, umano, il regno della libertà e delle libere individualità sociali, come avrebbe detto il buon Marx.
Se vuoi scegliere il comunitarismo, le “piccole patrie”, il regionalismo, le comunità organiche… fallo pure: noi riteniamo che in effetti siano cose adatte a fascisti più o meno pentiti e a ex-marxisti o pre-marxisti sicuramente pentiti (cose che, tra l’altro, aprono autostrade alle divisioni nazionalistiche, al rifiuto degli immigrati, all’interclassismo localistico e particolaristico…).
Ma mescolare Marx e comunitarismo no, questa è una operazione intellettualmente disonesta, una mistificazione. Dunque, se è questa la strada che hai intrapreso – la strada del manifesto del partito comunitarista – ci toccherà, in quanto Santa Inquisizione dell’Ortodossia Marxista, fare come fece Engels con During: mandarti a fare in culo, sia pure in modo scientificamente argomentato.
Note
1. http://www.antiper.org/idee/24-video-incontro-carchedi
2. http://www.antiper.org/autoproduzioni/50-antiper-ciclosgonfiato.html
3. http://www.antiper.org/autoproduzioni/44-antiper-essere-antifascisti.html
4. http://www.antiper.org/autoproduzioni/45-antiper-tutto-impunito.html
5. Beverly Silver, Le forze del lavoro. Movimenti operai e globalizzazione del 1870, Bruno Mondadori.
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Marx a Casa Pound?
Scritto da Diego Fusaro
Sul “Corriere della Sera” di sabato (15 febbraio, p. 29) ho spiegato che l’aver accettato da parte mia l’invito di “Casa Pound” a discutere a Roma il 21 febbraio del pensiero di Marx ha suscitato un moto d’indignazione in alcuni ambienti antifascisti. Purtroppo, le mie intenzioni di filosofo sono state fraintese in senso politico e sono stato addirittura tacciato di avere simpatie fasciste e quindi, in quanto “nemico del popolo”, condannato all’ostracismo. Ho perfino ricevuto insulti e minacce contro la mia persona e la mia incolumità. Rimbomba una caccia alle streghe di marca staliniana che pensavo fosse stata superata da un pezzo. La buona fede mi faceva sperare in un dialogo serio e pacifico, tra posizioni diverse ma animate dalla volontà di confrontarsi. Questo era lo spirito con cui avevo aderito all’iniziativa. Ma evidentemente non è la situazione opportuna per dialogare con chi la pensa diversamente. Speravo e spero sempre nel dialogo, perché rifiutarsi di dialogare significa perdere in partenza: le idee si sconfiggono con le idee.
Non sono mai stato fascista, né mai lo sarò. Socrate mi ha, però, insegnato a dialogare con tutti. Vi immaginate Socrate che, in un ipotetico dialogo di Platone, così si rivolge al suo interlocutore: “con te non dialogo, sei fascista!”’? Con questo, non intendo certo sostenere di essere il “nuovo Socrate”, come taluni hanno malignamente sostenuto. Semplicemente, preferisco ispirarmi a lui e non a coloro i quali, per il semplice fatto che ho accettato di dialogare con “Casa Pound”, hanno proposto di risolvere il “caso Fusaro” con qualche “bastonata” (sic!), magari andando a Roma a insegnargli con mano cosa è vivo di Marx (sic!). Faccio per inciso notare ciò che in verità è già ampiamente noto: il dialogo con la destra è aperto da tempo. È merito di Massimo Cacciari averlo aperto, parecchi anni or sono. Dialogare con la destra, vuoi anche con quella più radicale, non significa certo “contagiarsi”: significa, al contrario, riportare il confronto dal piano delle bastonate di piazza a quello delle idee, dove socraticamente le idee giuste trionfano e confutano quelle false. Questo voleva essere il senso del mio intervento a “Casa Pound”: evidentemente, altri preferiscono che il confronto resti sul piano delle bastonate di piazza. E chi non accetta questa logica barbara è, per ciò stesso, etichettato come fascista in pectore, come pericoloso nemico del popolo che si presta al dialogo con il mostro…
Le idee di Marx e del comunismo come comunità di liberi e uguali sono quelle a cui non ho mai smesso di richiamarmi: le ritengo giuste e a tal punto fondate da non dover temere alcun confronto. Le mie idee restano stabilmente – lo ripeto ancora una volta – quelle legate al progetto marxiano di emancipazione del genere umano e di realizzazione di una comunità composta da individui liberi, uguali e fratelli. Ho accettato l’invito di “Casa Pound” per difendere le idee di emancipazione sociale, le stesse per cui Marx ha combattuto per tutta la vita. Misurarsi dialogicamente con chi la pensa in modo diverso, vuoi anche opposto, non vuol dire fare sodalizio o abbandonare la propria posizione. Sono e resterò sempre per il dialogo. Se si nega il dialogo, si torna al campo della violenza e delle bastonate. Io, personalmente, preferisco rimanere nel campo del dialogo. Ciascuno faccia la sua scelta.
Svolgo, ora, alcune precisazioni. Mi spiace dover dedicare tempo ed energie a simili sciocchezze, ma in fondo se il grande Marx perse un anno della sua vita per confutare l’inutile Herr Vogt… Ho accolto in buona fede l’invito rivoltomi da “Casa Pound” a parlare di Marx e dei miei studi. Come dicevo, non sono mai stato fascista, né mai lo sarò. Ho sempre avversato l’imperialismo: come potrei provare simpatie per quelle forme imperialistiche in cui si sono tradotti storicamente i fascismi? Su questo punto, non devono esserci dubbi. Provengo dalla scuola di Marx, non da quella di Hitler. E, non di meno, seguo Socrate e dialogo con tutti, sempre mantenendo la mia visione e le mie idee. Chi mi conosce, sa che ho sempre dialogato con tutti, liberisti ed europeisti, socialisti e democratici, senza per questo rinunciare alla mia visione del mondo. Mi aspettavo critiche e magari anche strumentalizzazioni: non minacce, insulti volgari e annunci di violenza e tafferugli, né tanto meno minacce ai danni della mia persona. Non accetto che il mio nome sia il casus belli per gli ennesimi patetici scontri tra fascisti e antifascisti a sessant’anni dalla fine del fascismo: scontri che, come sempre ho detto, fanno il gioco del capitale oggi trionfante. Mentre i giovani fascisti si scontrano con i giovani antifascisti, le lobby politiche e finanziarie si sfregano le mani e distruggono i diritti sociali e il diritto al futuro delle nuove generazioni; tali élites oligarchiche non possono che essere incredule di vedere le teste pensanti delle nuove generazioni – nate e cresciute sotto le insegne dell’end of history – patire in silenzio sulla loro carne viva le conseguenze scabrose delnomos dell’economia, accettare supinamente la manipolazione organizzata del consenso e le ideologie logore delle vecchie generazioni nel frattempo passate al disincantamento.
Quella dei giovani fascisti che fanno a botte coi giovani antifascisti è, del resto, una sorte analoga a quella dei quattro capponi di Renzo nei Promessi sposi, intenti a beccarsi a vicenda mentre vengono condotti al comune destino. Ebbene, con l’invito a “Casa Pound” si è aperto l’ennesimo patetico teatrino tra fascisti e antifascisti a sessant’anni dalla fine del fascismo: basti vedere la pagina del mio profilo Facebook, invasa da valanghe di messaggi di utili idioti che pongono di nuovo in essere questo ridicolo scontro in nome di ideologie morte e sepolte. Senza accorgersi che il vero fascismo (se proprio vogliamo impiegare questo termine onnicomprensivo) oggi esistente è quello del capitale e della finanza, cioè quello della violenza economica che azzera il campo di possibilità d’azione e di scelta degli uomini, soprattutto ai danni delle nuove generazioni. Come mai – occorre chiedersi – tanta foga nel combattere il fascismo passato se poi si accetta silenziosamente quello presente? Dico questo anche a beneficio dei tanti di “Casa Pound” che, dopo la mia scelta di annullare l’evento, mi hanno accusato di viltà e di mancanza di coraggio. Accuse rigorosamente su Facebook, dietro lo schermo, dove chiunque può attaccare senza sottoporsi al confronto, magari insultando dietro l’anonimato dei nomi di battaglia. Addirittura taluni si sono prodigati nel citare passaggi del mio libro sul coraggio per attaccarmi. Non so quale sia la loro idea di coraggio, sicuramente non corrisponde alla mia. Il coraggio va distinto dall’audacia e dalla spavalderia. Il coraggio implica un agire che non teme i rischi, certo, ma che è anche secondo ragione (così in Aristotele, ad esempio) e che mira a un fine buono. Non vedo ragione né fini buoni nell’andare a “Casa Pound” in questo clima, con questo patetico riemergere del conflitto tra fascisti e antifascisti. Si scontrino pure, ma non in mio nome. Non mi presto a questo teatrino volgare di filofascisti e antifascisti nel 2014 (!!!). Facciano le loro lotte contro i “compagni”, i quali a loro volta lotteranno contro i “camerata”: tutto ciò è disgustoso, perché è uno dei tanti modi per far passare sotto silenzio la contraddizione principale (il nesso di forza capitalistico) e per lavorare per il re di Prussia. Io me ne tiro fuori, né accetto che il mio nome sia usato per queste idiozie. Il coraggio non c’entra nulla. Il mio obiettivo era dialogare su Marx, che come è noto non era né fascista né antifascista, né di destra né di sinistra: era comunista e anticapitalista, che è ben altra cosa. Se non si vuol capire questo, allora davvero si rischia di non capire nulla.
Se fossi vissuto negli anni Trenta e Quaranta, sarei stato antifascista: oggi penso che il nemico contro cui lottare sia il fanatismo dell’economia e l’integralismo cieco della finanza. Se lo si vuole chiamare fascismo, allora sono antifascista oggi più che mai. Ma una simile definizione general-generica e destoricizzata del fascismo non aiuta a fare chiarezza: crea solo confusione. Perché chi oggi si proclama antifascista non riserva a banche, finanza ed élites eurocratiche lo stesso trattamento riservato a “Casa Pound”? Non sarà forse l’odierno antifascismo compulsivo l’ennesimo alibi per non prendere posizione contro il nesso di forza capitalistico? Come non capire che l’odierno antifascismo maniacale e l’anticomunismo compulsivo sono una preziosa risorsa simbolica per l’assoggettamento dell’opinione pubblica al profilo culturale del monoteismo del mercato, invisibile al cospetto del proliferare di tali opposizioni? All’idiotismo e all’accecamento ideologico non v’è limite.
L’antifascismo – il nobile valore in nome del quale si è liberata l’Italia – oggi è uno strumento in mano all’ideologia dominante, che lo impiega per dirottare la passione critica verso una contraddizione non più esistente, di modo che risulti invisibile quella realmente esistente, il nesso di forza capitalistico, la violenza economica. In questo modo, i morti per la liberazione dell’Italia vengono uccisi una seconda volta: il loro nome e le loro idee vengono impiegate dai sedicenti antifascisti odierni per lasciar essere il fascismo dell’integralismo economico, come se appunto il nemico fosse e solo l’eterno mussoliniano in camicia nera e non la violenza dell’economia e dello spread, del debito e della finanza. Il manganello oggi ha cambiato forma, ma si fa ugualmente sentire: si chiama violenza economica, taglio delle spesa pubblica, precariato, rimozione dei diritti sociali, selvagge politiche neoliberali all’insegna dello “Stato minimo”. Che senso ha, allora, spendere le proprie energie oggi contro il vecchio manganello, accettando in silenzio i colpi del secondo? Come non capire che l’ideologia dominante mira a convincerci che la violenza da combattere è sempre e solo quella del primo manganello, rispetto alla quale il secondo è pur sempre più civile e accettabile?
È merito di pensatori come Costanzo Preve e Massimo Cacciari aver aperto il dialogo anche con la destra radicale: non certo per sposarne le tesi, bensì per discuterle in maniera appassionata e rigorosa, mostrandone anche i limiti e le contraddizioni. Rinunciare aprioristicamente al dialogo significa perdere in partenza. Significa darla vinta a chi ci chiede di dialogare. In filosofia, non esistono avversari “impuri”: si dialoga con tutti. Riuscite a immaginare Socrate che, nell’agorà ateniese, invitato a dialogare da un membro di un partito politico, vuoi anche il più impresentabile, nega il confronto dicendo “con quel partito non si dialoga!”?. Non penso, ovviamente, di essere Socrate: non raggiungo queste vette di follia. Penso, però, di preferire il “modello Socrate” a quello della “caccia alle streghe” di certa sinistra che nega il dialogo. Se le idee sono vincenti, non temono il dialogo. Se le idee ci sono, si può andare ovunque a diffonderle. Negare questo significa fare concessioni al relativismo o ammettere la debolezza della propria prospettiva, incapace di reggere il confronto.
A questo proposito, rispondo rapidamente ad alcuni diffamatori. In primis, ai fini teoreti di “Contropiano.org”: i quali, sempre in nome dell’antifascismo, hanno lanciato dal loro sito la caccia alle streghe contro il sottoscritto. Dopo avermi accusato di fascismo (deducendo magicamente il mio fascismo dal fatto che dialogo con quelli di “Casa Pound”: elementare, Watson!), si prodigano volgari inviti alla violenza: “qualche cazzotto, ogni tanto, può far bene alla salute” (sic!); “fargli toccare con mano che cosa è vivo di Marx”, ecc. Che dire? Se non sapessimo che si tratta di antifascisti, verrebbe quasi da identificarli con i vecchi squadristi mussoliniani… Scrivono (in forma rigorosamente anonima) su “Contropiano”:
“Persino Marx perse un intero anno della sua intelligenza per ‘sputtanare’ un tale che era soltanto una spia da quattro soldi (‘Herr Vogt’), per cui non era necessario alcun pensiero, ma soltanto un paio di bastonate”.
Esatto. Con la differenza che, guarda caso, Marx dedicò tempo a confutare argomentativamente Vogt, là dove i fini teoreti di “Contropiano” propongono di risolvere tutto a bastonate… Differenza non da poco, in tema di ortodossia marxista! Il modello della manipolazione è sempre lo stesso: si inventa il nuovo fascista, e dove c’è il fascista è legittimata la presenza di un nuovo Piazzale Loreto.Et voilà! Tutto ciò farebbe ridere se non facesse piangere. Ma tant’è… La mania ossessiva della ricerca del fascista a tutti i costi è ciò che caratterizza questi ambienti paranoici di certa sinistra: devono trovare il fascista per poter legittimare la loro identità di antifascisti. Senza il fascista, sarebbero delegittimati in toto: avendo essi rinunciato alla lotta contro il capitale e contro il classismo, devono mantenere la loro identità antifascista scoprendo ovunque nuovi fascisti da combattere. La scena mi ricorda irresistibilmente quella del personaggio dei cartoni animati Wile E. Coyote: cammina nel vuoto, ma soltanto quando si accorge che cammina nel vuoto incomincia a precipitare nell’abisso!
Come già aveva evidenziato il noto fascista Pasolini (cfr. Scritti corsari, Garzanti, Milano 1975, pp. 284-285), l’antifascismo archeologico in assenza di fascismo resta oggi – non meno dell’anticomunismo – una variante ideologica del pensiero neoliberale: da cui finisce per essere sempre riassorbito in modo gravitazionale nella forma della critica di tutte le dittature passate e presenti che non siano quella – anonima e silenziosa – dei mercati, legittimata per ciò stesso a sostituire le altre. Quando lo si capirà sarà troppo tardi. Quando si capirà – cosa che era perfettamente chiara al comunista Bordiga (“il più disgraziato e pernicioso prodotto del fascismo è l’antifascismo”) – che oggi l’antifascismo è una funzione ideologica del capitale trionfante? Quest’ultimo usa l’antifascismo per dirottare la passione della critica sulla contraddizione estinta (il fascismo) e per rendere invisibile quella presente, il nesso di forza capitalistico e l’osceno classismo prodotto dal fanatismo dell’economia. Prova ne è che, per il pensiero unico dominante, non si può dialogare con “Casa Pound”, ma si può invece farlo tranquillamente con Mario Monti e con Matteo Renzi! Fermo restando che per me si dialoga con tutti (al fine di confutare le idee sbagliate e far emergere quelle vere), non si capisce perché quelli che negano la possibilità di dialogo con “Casa Pound” accettino poi che si possa dialogare con i veri “fascisti del nuovo millennio”, che non sono certo i quattro gatti nostalgici del regime mussoliniano, bensì le èlites finanziarie e le multinazionali, le banche e il partito del pensiero unico.
Ovviamente, là dove questi quattro gatti impiegano la violenza e portano avanti idee razziste, devono essere fermati a norma di legge. Non ci piove. Ma il punto sta altrove, e sta nel fatto che oggi l’antifascismo diventa l’alibi per abbandonare l’anticapitalismo. Perché, ad esempio, i fini teoreti del luogocomunismo di Contropiano non hanno avuto reazioni analoghe a quelle volgari e violente che hanno ora quando andai a parlare presso il PD? “Coi fascisti non si dialoga”: questa la formula ricorrente. Formula curiosa, in cui compare quel “si” che Heidegger individuava come cifra dell’inautenticità di un mondo in cui ciascuno è gli altri e nessuno è se stesso. Ripeto: non mi importa di cosa “si” dice e di chi “si” può scegliere per dialogare; io dialogo con tutti, a destra e a sinistra, in basso e in alto. Se poi altri vogliono fare altrimenti, va benissimo. Rispetto le posizioni altrui e, là dove mi paiono sbagliate, cerco di confutarle sul piano delle idee. Ma non intendo perdere altro tempo con i fini teoreti di Contropiano. Li lascio al loro destino di acutissimi intellettuali della linea Maginot: continuino pure a combattere sul nuovo territorio con le vecchie mappe! Buona fortuna! Fermo resta, comunque, che per parte mia sono ben disposto a dialogare anche con loro, come con tutti gli altri.
Vengo poi all’accorata lettera rivoltami da “Antiper”. Una lettera articolata e densa, in cui praticamente l’autore – Marco Riformetti – mi dà la pagella e valuta il tasso di ortodossia del mio marxismo. La Santa Inquisizione dell’Ortodossia Marxista decide del grado di marxismo degli studiosi indipendenti e, di più, stabilisce con chi è lecito parlare e con chi no. Addirittura mi consiglia di pentirmi (magari recitando il catechismo leninista) prima che sia troppo tardi. Amen! Anche in questo caso, vi sarebbe da ridere se non vi fosse da piangere. Conobbi Marco Riformetti di persona: lui e il suo gruppo mi invitarono a Pietrasanta a tenere una conferenza su Marx e Bloch nel settembre 2013. La si trova anche su Youtube: le tesi che sostenni allora, trovando il plauso e l’entusiasmo di Marco e dei suoi compagni antifascisti, vengono ora da lui stesso salutate come fasciste perché… perché non le si possono esporre a “Casa Pound”. Ebbene sì, questo il sunto della raffinata argomentazione di Marco. Se dici a Pietrasanta che bisogna seguire Marx e lottare contro il capitale, sei nella linea dell’ortodossia; se dici la stessa cosa a “Casa Pound”, diventi fascista! Si tratta di una risibile variante del “pensiero magico”, che fa dipendere la verità di una tesi dalla fonte che la espone o, in questo caso, dal luogo in cui la si sostiene. In confronto, la caccia alle streghe era un fenomeno sobrio, moderato e razionale.
Tralascio gli attacchi ad personam, per carità di patria e per non infierire su Marco e sulla sua cerchia di amici toscani. Diffamazioni volgari, che offendono loro e non certo il sottoscritto. Dice Marco che da subito ebbe perplessità sul mio profilo teorico… peccato che le manifesti solo ora, in un je accuse pubblico patetico che offende solo la sua intelligenza. Si sa, dietro lo schermo del computer tutti si sentono eroi e intellettuali… In fondo – Spinoza docet – il risentimento danneggia il soggetto che ne è affetto ben più di quello a cui è indirizzato. La favola di Fedro sullo scorpione può essere, a questo proposito, rivelativa. Gente che fino a ieri mi osannava, ora mi demonizza come fascista.
Caro Marco, se ancora non hai capito che la differenza ineludibile tra chi è allievo di Marx, come il sottoscritto, e chi non lo è sta nel rapporto con l’universalismo, allora la situazione è grave. Stupidità o tradimento? Questa la domanda che ti pongo. Finché non metti a fuoco che chi, come me, persegue l’ideale universalistico dell’umanità emancipata, composta da individui liberi e uguali, non può essere assimilato alle destre (alle quali, appunto, manca sempre il timbro universalistico), allora sarà inutile discutere. E si continuerà solo a gridare, come gli idioti, “fascista! Fascista! Fascista!”. Così è: quando non si hanno argomenti, si passa agli insulti. Si delegittima l’interlocutore bollandolo come fascista. Come si dice dalle mie parti, fa fine e non impegna. La lettera che mi hai scritto è una accozzaglia di luoghi comuni e di prese di posizione contro il sospettato di eresia degne del tempo di Stalin. Gli attacchi personali, poi, sono imperdonabili e non ti fanno onore.
Caro Marco, finché non ragionerai seriamente sulla questione filosofica dell’universale, continuerai a starnazzare in eterno, senza capire alcunché del punto della questione e seguiterai a vedere fascisti ovunque. Un allievo di Marx ha come proprio obiettivo l’emancipazione del genere umano unitariamente inteso, contro il razzismo, il classismo, lo sfruttamento: tu vuoi Marx e il folle progetto eurocratico; vuoi Marx e la globalizzazione capitalistica. Come tenere insieme queste cose? Come non capire quello che già aveva capito Bloch, ossia il fatto che il concetto di nazione non va lasciato alle destre, ma va assunto nel quadro di un processo progressivo ed emancipativo di ordine marxiano? Era fascista anche Bloch? Domandati serenamente: qual è la via, oggi, per perseguire il progetto di Marx di emancipazione universale? Non certo l’internazionalismo: esso resta il fine, ma oggi non può essere il mezzo. L’internazionalismo esistente oggi è quello dei mercati e della finanza, il piano liscio del mercato planetario che rende impossibile il conflitto nell’atto stesso con cui non fa mai incontrare sfruttati e sfruttatori, vittime e carnefici. Caro Marco, cari teoreti di Contropiano: un allievo di Marx deve pensare storicamente, e pensare storicamente significa anche avere contezza del mutare del contesto e delle costellazioni socio-politiche. L’idea di nazione può oggi essere metabolizzata nel pensiero dell’emancipazione di matrice marxiana, come via per reagire all’internazionalismo folle del mercato. Non c’è nulla di destra o di fascista in questa idea: c’è solo la volontà – contro lo spirito di Marx? – di riaprire il conflitto contro il capitale, non già per abbandonare il marxiano sogno di una cosa, bensì per inverarlo. Ma non si può chiedere troppo ai dogmatici e a quanti fanno di Marx una Bibbia indiscutibile. Per costoro, ogni deviazione dal Testo Sacro sarà sempre un’eresia degna di essere perseguita tramite diffamazione, accusa di fascismo, e magari anche minacce di bastonate (che – come ricordano i teoreti di Contropiano – fanno pure bene alla salute!).
La mia risposta, in estrema sintesi, è questa: uscire dalla follia organizzata della globalizzazione e creare su nuove basi, a partire dal locale, un universalismo delle differenze che intrecci tra loro il momento dell’universale (il genere umano pensato come un unico Io) e il momento della comunità (i rapporti comunitari tra gli individui, marxianamente la comunità in cui il libero sviluppo di ognuno è condizione del libero sviluppo di tutti). Da quando in qua questo si chiama fascismo? Se questo è fascismo, sono in buona compagnia: Latouche non è meno fascista di me. Bisogna ripartire da comunità resistenti e, dal locale, creare un’altra universalizzazione (Marx la chiamava “comunismo”), che non sia il “cattivo universalismo” del mercato. Quest’ultimo oggi non può essere accettato né giustificato come “doglia del parto” del nuovo mondo. O vorrai giustificare il genocidio finanziario del popolo greco, ad esempio?
Per chi mi conosce e mi legge (non per il coro virtuoso del “si dice” di heideggeriana memoria, alimentato da chiacchiera, curiosità ed equivoco), la mia visione del mondo è quella legata al nome di Marx e al suo “sogno di una cosa”, di un’umanità emancipata e libera, di individui ugualmente liberi e solidali. Non ho altro da aggiungere. Tutto il resto è chiacchiericcio per poveri di spirito. Mai come oggi occorre restare uniti nella lotta contro il capitale e l’eurocrazia, uniti da una visione del mondo incardinata sulla centralità della vita del genere umano senza distinzione alcuna (razzismo, classismo, ecc.), che renda possibile per ciascuno una vita degna, in cui nessuno si arroghi il diritto di esercitate nessuna forma di violenza verso altri. È il sogno desto, a cui sempre resterò fedele, della marxiana comunità emancipata in cui la libertà di ognuno diventa condizione di possibilità per la libertà di tutti, al di là dell’odierno regno della compiuta peccaminosità capitalistica.
http://www.lospiffero.com/cronache-marxiane/marx-a-casa-pound-15052.html