Antiper | Proliferazioni (PeO,3)
Tratto da Antiper, Partito e organizzazione, Contributo per il Forum della Rete dei Comunisti, Roma, 27 febbraio 2010
Due anni fa, in una riflessione sull’esito elettorale delle elezioni politiche 2008 e sulla situazione politica italiana [1] commentavamo con amara ironia la proliferazione di sigle di “sinistra” e di partiti “comunisti” (anche “a due alla volta”). Da allora le cose sono ulteriormente “progredite”.
Nel campo della “sinistra”, in un anno e mezzo, è nato il partito di Marco Rizzo (espulso dal PdCI) – “Comunisti. Sinistra popolare” – (che dato il nome, possiamo classificare sia come proliferazione della “sinistra” sia come proliferazione “comunista”), le tre versioni successive di “Sinistra e libertà” di Nicola Vendola (che ormai cambia simbolo e denominazione ogni 6 mesi in corrispondenza di ogni scissione), la nascita della cosiddetta “Federazione della Sinistra” (che all’inizio si era chiamata – nientemeno – “anti-capitalista”, ma poi ha opportunamente dismesso questa auto-definizione che in effetti era un po’ troppo ardita per gente che ha sostenuto il Governo D’Alema durante bombardamento della Jugoslavia, ha apposto la propria firma sulle leggi che hanno fatto dilagare la precarietà, hanno attaccato il diritto di sciopero e hanno rinchiuso gli immigrati in campi di concentramento, ha dichiarato la propria disponibilità ad appoggiare governi con il compagno PierFerdy Casini Presidente del Consiglio – e perché non Totuccio Cuffaro Ministro degli Interni? -).
Nel campo dei comunisti sembra esserci stato un temporaneo rallentamento nel ritmo di proliferazione incontrollata delle sigle (ma forse dipende anche dal fatto che il numero di sigle sta superando il numero di militanti). Beninteso, qualche scissione qua e là, qualche riproposizione di appelli falliti qua e là, qualche revisione auto-critica “per il partito” qua e là… comunque, ci sono: non stiamo mica a “girarci i pollici”.
Siamo fiduciosi che la fantasia dei compagni ci permetterà di assistere a fenomeni politico-paranormali ancora più fantascientifici di quelli a cui stiamo assistendo e a cui abbiamo assistito in questi anni. Nella qual cosa c’è, in fondo, anche del “buono”: l’attività politica è cosa faticosa e impegnativa: un po’ di divertissment con il cabaret e il carnevale non guasta.
Sia chiaro. È non solo giusto, ma persino naturale che in questa fase di frammentazione progressiva anche un piccolo gruppo possa costituirsi in modo indipendente se non trova interlocutori convincenti. Per citare il buon Lenin
“Piccolo gruppo compatto, noi camminiamo per una strada ripida e difficile tenendoci con forza per mano. Siamo da ogni parte circondati da nemici e dobbiamo quasi sempre marciare sotto il fuoco. Ci siamo uniti, in virtù di una decisione liberamente presa, allo scopo di combattere i nostri nemici e di non sdrucciolare nel vicino pantano, i cui abitanti, fin dal primo momento, ci hanno biasimato per aver costituito un gruppo a parte e preferito la via della lotta alla via della conciliazione” [2].
Pur di non incamminarci sulla via della conciliazione, meglio costituire un piccolo gruppo a parte. Ogni esperienza, per piccola o piccolissima che sia, ha diritto ad avere un proprio punto di vista ed un proprio intervento politico. Probabilmente, se in questa fase non ci fosse questa sorta di “autorganizzazione”, la situazione sarebbe ancora peggiore perché i “circoli” rappresentano, malgrado tutto, un elemento di resistenza contro il dilagare dell’individualismo e contro l’abbandono della politica attiva. Il problema sorge quando comincia a sedimentarsi la mentalità da circolo ovvero quando si tende a a concepire sé stessi come il centro dell’universo e, per conseguenza, a subordinare ogni posizione/iniziativa all’interesse del proprio “circolo” senza domandarsi se questo produce un danno o un vantaggio per il movimento comunista e per la classe nel suo complesso.
*
Una ulteriore questione è la seguente: vogliamo una generica organizzazione politica “di sinistra” entro cui i comunisti siano solo una componente tra le altre oppure vogliamo un’organizzazione comunista? La RdC scrive che bisogna
“Misurarsi su un piano politico e teorico su come i comunisti si debbano organizzare in un contesto storico come l’attuale …” [3]
Bene. Secondo noi, in questa fase (e in ogni fase in cui questo sia possibile) i comunisti devono organizzarsi fuori da (e contro i) partiti riformisti – per questo non siamo favorevoli all’entrismo (entro dovunque pur di adescare qualche proselite) – e, possibilmente [4], in organizzazioni politiche comuniste – quindi, no all’eclettismo (mi tuffo in un “minestrone del supermercato” che, come direbbe Ascanio Celestini, contiene tanti ingredienti che non sanno di nulla e quindi anche il minestrone non sa di nulla), no al camaleontismo (mi presento come una cosa, ma in realtà sono un’altra e gli unici che non lo sanno sono i lavoratori), no all’individualismo (parlo da solo perché non riesco ad andare d’accordo con nessuno) -.
La scelta di costruire un progetto o un’organizzazione comunista ha, come implicazione necessaria e conseguente, quella di separarsi dalle “organizzazioni di sinistra” che pongono l’essere comunisti sullo stesso piano dell’essere anti-capitalisti, dell’essere ecologisti, dell’essere femministi, dell’essere gay, dell’essere alti, dell’essere biondi…
Tanto per fare un esempio, che non sarebbe certo l’unico
“Noi pensiamo a una sinistra anticapitalista, ecologista, comunista e femminista; non per assemblare indistintamente soggettività diverse ma per trovare insieme un quadro unitario di riferimento e un comune progetto di lavoro. Questa identità multipla non la si può però proclamare soltanto” [5]
Questa impostazione non si distingue granché dalla retorica bertinottiana di questi anni e neppure dalle dichiarazioni pre-elettorali sul comunismo “tendenza culturale” nel nuovo soggetto arcobaleno; infatti, quando si parla di comunisti, ecologisti, femministi, ecc… da inquadrare in un progetto comune non si intende, come si dovrebbe, “mi batto per la difesa dell’ambiente in quanto comunista” o “mi batto per i diritti delle donne in quanto comunista”; se così fosse non avrebbe senso la specificazione plurima. Ciò a cui si pensa è piuttosto un partito in cui l’identità comunista è solo una delle tante identità plurali (ecologiste, femministe, anticapitaliste, pacifiste, gay…), una organizzazione nella quale possano coesistere comunisti ed ecologisti non comunisti, comunisti e femministe non comuniste; dunque, una organizzazione non comunista al cui interno siano presenti anche dei comunisti [6].
Note
[1] Antiper, Il ciclo sgonfiato. Riflessione aperta sulla situazione politica italiana dopo le elezioni del 13-14 aprile 2008, www.antiper.org.
[2] Lenin, «Che fare ?», Opere vol 5, pag 327.
[3] RdC, PeO, pag.1.
[4] Ovvero, avendone la possibilità.
[5] Sinistra Critica, 11 punti per una nuova sinistra, di classe e anticapitalista.
[6] Antiper, Il ciclo sgonfiato. Riflessione aperta sulla situazione politica ita-liana dopo le elezioni del 13-14 aprile 2008, pag. 50.