Antiper | Brano sull’euro nel dibattito con Diego Fusaro
Il brano seguente è tratto dall’intervento
Antiper – Le imprecise precisazioni di Diego Fusaro
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Prendi la questione dell’euro. Te lo dicemmo anche a Pietrasanta, a margine della conferenza: la tua impostazione sulla questione euro/Europa è sbagliata (come lo è quella di tutti i sovranisti in circolazione e anche quella di ampi settori della sinistra). Di per se stessa – ovvero senza condizioni – la disintegrazione dell’euro fa solo il gioco del suo principale oppositore che non sono le masse popolari europee (che non hanno nessuna voce in capitolo), ma il dollaro, ovvero l’imperialismo USA che invece di voce in capitolo ne ha molta e la usa in tutti gli scenari internazionali. Quindi non si può inneggiare all’uscita dall’Europa o dall’euro senza domandarsi quale tipo di uscita si debba auspicare e quali misure debba comportare.
Emiliano Brancaccio – che non è marxista, ma è molto più serio di te su questo tema -, capisce che c’è modo e modo per uscire dall’Europa; lui, questi modi, li chiama “uscita a destra” e “uscita a sinistra”. Per evitare che l’uscita dall’area euro e la svalutazione della neo-lira si scarichi integralmente sulle spalle dei lavoratori sono necessarie parecchie misure politiche ed economiche che, in un quadro come quello attuale, si configurerebbero di fatto come una sorta di vera e propria autarchia; bisognerebbe bloccare i capitali in ingresso per evitare la svendita degli asset nazionali svalutati; bisognerebbe bloccare i capitali in uscita per evitare la loro fuga verso monete non svalutate e mercati più profittevoli; bisognerebbe reintrodurre una “scala mobile” per mantenere il potere di acquisto dei salari; di conseguenza, bisognerebbe uscire dal mercato internazionale perché con la crescita dei salari e dei costi di produzione ad essi correlati le merci italiane perderebbero molta, se non tutta, la maggiore competitività derivante dalla svalutazione della moneta; bisognerebbe bloccare le importazioni di materie prime e mezzi di produzione – che continueremmo a comprare in dollari o in euro – perché verrebbero a costare molto di più, bisognerebbe contare molto meno sul finanziamento del debito derivante dalla collocazione di titoli di stato in lire; bisognerebbe impedire che le eventuali maggiori esportazioni fossero realizzate attraverso un aumento della produttività (di cui tanto si parla) ciò che non produrrebbe la tanto desiderata crescita occupazionale neppure in caso di crescita del PIL, ecc, ecc…
Quale governo sarebbe in grado di produrre questa serie di misure? Sai, Diego, cosa successe con la svalutazione seguita all’uscita dallo SME nel 992? Per fare solo esempio, vi fu una perdita secca di potere d’acquisto dei salari dell’ordine di oltre il 20%. Ci parlerai tu, con i lavoratori italiani, quando avranno perso un quinto del loro potere d’acquisto ma avranno avuto in cambio la tua splendida “comunità nazionale”?
Il problema di Brancaccio è che nel quadro attuale “l’uscita a sinistra” (cioè l’uscita a vantaggio dei lavoratori) è oggettivamente impossibile. Per cui ci troviamo nella situazione che se restiamo nell’Europa le conseguenze si scaricheranno sui lavoratori e se ne usciamo, pure; e questo per la semplice ragione che nell’odierno turbo-capitalismo – o capitalismo assoluto come lo chiami tu – l’unica possibilità per i lavoratori di non patire le conseguenze di ogni scelta è quella di essere essi stessi a compiere le scelte; di passare, cioè, da una formazione economico-sociale di tipo capitalistico ad una di tipo socialista. E purtroppo questo, al momento, non è praticabile per la banale ragione che i lavoratori ancora sembrano legati a vecchie illusioni e alla speranza che, passata la burrasca, tutto torni come prima.
Quando tu giocavi ancora con i soldatini, noi prendevano posizione e ci battevamo nelle piazze contro la guerra in Jugoslavia affermando che si trattava di una guerra che si inseriva nel quadro della costruzione del polo imperialista europeo. Capisci? I-m-p-e-r-i-a-l-i-s-t-a.
Definivamo imperialista la costruzione europea quando nessuno dei tuoi amici iper-sovranisti e euro-scettici diceva un bel nulla e anzi milioni persone pagavano felicemente la “tassa su Maastricht” applicata dal governo Prodi-Bertinotti senza che nessuno fiatasse perché la crisi sembrava ancora lontana; negli anni successivi specificammo che l’Europa era nata dal punto di vista esclusivamente monetario perché l’unica cosa che interessava realizzare ai centri di potere europei era una moneta abbastanza forte da contendere il primato del dollaro (per questo, l’euro fu, sin dalla sua incubazione – l’ECU – agganciata alla moneta dell’economia più forte d’Europa, la Germania, come ci insegna Guglielmo Carchedi [1]).
Scrivere che stiamo dalla parte del “folle progetto eurocratico” e della globalizzazione capitalistica è mentire sapendo di mentire.
“tu vuoi Marx e il folle progetto eurocratico; vuoi Marx e la globalizzazione capitalistica. Come tenere insieme queste cose?”
Inventando bersagli polemici inesistenti e poi confutandoli dimostri di essere in malafede e di non avere più argomenti. Quella che hai scritto è infatti una cosa che, di noi, nessuno può neppure anche solo lontanamente pensare. Piuttosto, la si sarebbe dovuta pensare del tuo maestro Costanzo Preve che ai suoi tempi proponeva esplicitamente l’alleanza euro-asiatica in funzione anti-americanista: Europa-Russia vs USA. E su questa base dialogava socraticamente con personaggi su cui non diamo definizioni per non incorrere nell’accusa di essere inquisitori. Questo è ciò che nella tradizione novecentesca si sarebbe definito schierarsi con un imperialismo in lotta contro un altro, voto ai crediti di guerra, socialsciovinismo, ecc., ecc… Bei tempi, quando le parole avevano un senso e c’era ancora adaequatio tra concetti e realtà…
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