Antiper | Questioni di “democrazia” in FIOM. Sull’estromissione di Sergio Bellavita dalla Segreteria Nazionale FIOM
Un vecchio intervento del 2012 che può forse tornare di una qualche attualità a seguito della recente decisione di lasciare la CGIL da parte di Sergio Bellavita, già coordinatore dell’Area programmatica “Il sindacato è un’altra cosa” ormai in fase di disfacimento.
Antiper | Questioni di “democrazia” in FIOM. Sull’estromissione di Sergio Bellavita dalla Segreteria Nazionale FIOM, ottobre 2012, PDF
Il recente conflitto esploso all’interno della Segreteria Nazionale della FIOM che ha prodotto l’esclusione di Sergio Bellavita (rappresentante della componente di cui Giorgio Cremaschi è la figura più nota) fa emergere alcuni nodi politici piuttosto interessanti che meritano di essere esaminati.
Il primo elemento è il seguente. Negli ultimi anni il “refrain” dei dirigenti FIOM è stato costantemente quello della “democrazia” (1): bisogna far votare i lavoratori nei referendum, non si può escludere la FIOM dalle rappresentanze e dalle sedi aziendali, ecc… Democrazia, democrazia, democrazia.
Inutile dire che nel mondo del lavoro – e nella società capitalistica più in generale – anche la cosiddetta “democrazia” non è una variabile indipendente, ma un’espressione dei rapporti di forza. Se sei una “tigre di carta” che ruggisce solo nei salotti televisivi e sei incapace di far male ad una mosca ti becchi la democrazia, certo, ma quella del padrone.
Da tempo esiste una contraddizione nella Segreteria Nazionale della FIOM con uno dei membri, Sergio Bellavita, che ha espresso in più occasioni un dissenso politico, peraltro molto, ma molto, tenue; talmente tenue che a stento si riesce a capire il punto della contesa. E cosa fanno i democratici Landini e Airaudo? Espellono il dissenziente.
Questa espulsione ci fa capire cosa si intende per “democrazia” in certi ambienti FIOM e ci ricorda una cosa che dovremmo sempre tenere bene a mente: di coloro che hanno sempre in bocca le parole democrazia, libertà o unità non c’è da fidarsi.
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Secondo elemento. Dopo l’espulsione dalla Segreteria FIOM Sergio Bellavita ha scritto un articolo nel quale critica la sua organizzazione in merito all’atteggiamento tenuto nella vicenda FIAT. L’articolo è interessante perché consente di evidenziare un punto molto importante, sempre taciuto. Dice Bellavita
“…l’inizio della svolta c’è stato con l’accordo all’ex Bertone di Grugliasco. La FIOM ha purtroppo accettato a Grugliasco il ricatto che aveva giustamente rifiutato a Pomigliano e Mirafiori. Proprio laddove la FIOM era decisiva cade. Un’occasione sprecata sulla possibilità di aprire una battaglia per la difesa dello stabilimento” (2)
In realtà qui siamo di fronte a ben più che ad una “occasione sprecata”; siamo di fronte ad una scelta consapevole. Quello che Bellavita sembra non capire è che tra il no a Pomigliano e il sì alla Bertone non c’è affatto rottura, ma continuità. Non basta, infatti, osservare il diverso atteggiamento della FIOM di fronte al ricatto di Marchionne, ma domandarsi il perché di questo diverso atteggiamento e spiegare perché avrebbe rotto con una presunta precedente linea combattiva per attestarsi su una nuova linea remissiva; rispondersi con psico-ragionamenti del tipo “non hanno avuto il coraggio di…”, “non se la sono sentiti di…” significa non dire nulla.
Ebbene: perché la FIOM ha detto sì (al ricatto di Marchionne) alla Bertone dove poteva vincere (3) e ha detto no a Pomigliano dove era convinta che il no avrebbe avuto un sicuro insuccesso (e il risultato del referendum di Pomigliano e Miriafiori deve essere stato un vero shock per Landini e soci)? La risposta è semplice: perché la FIOM non voleva vincere e, come hanno ben chiarito i lavoratori di Pomigliano, non ha fanno nulla per vincere, non dando neppure l’indicazione per il no, salvo poi cercare di appuntarsi il merito del risultato grazie all’indecente e servile atteggiamento della cosiddetta sinistra, ivi compresa la quasi totalità di quella che si definisce “rivoluzionaria”, “anticapitalista”, “antagonista”… e che è andata scodinzolando per mesi dietro a Landini.
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Terzo elemento. In un altro breve intervento Sergio Bellavita dichiara che
“…la lotta FIOM si è mantenuta alta sul terreno mediatico, forte di un consenso e di una domanda sociale straordinaria, ma è via via scemata nelle pratiche concrete, nella politica contrattuale. Da qui una gestione della vertenza per il contratto tutta piegata al tentativo di cercare uno spiraglio per la riaffermazione della titolarità FIOM più che orientata a costruire conflitto in rapporto con i lavoratori” (4)
Ben detto. La FIOM è stata un bluff sul terreno della lotta concreta e si è limitata alle minacce televisive, puntando solo alla “riaffermazione della titolarità”, ovvero a cercare di avere indietro distacchi e sedi sindacali pagate dal padrone. Degli interessi reali dei lavoratori nessuna traccia. Ce lo conferma la recente lettera di Landini a Susanna Camusso
“a nome della Segreteria nazionale della Fiom-Cgil, ti chiedo di sospendere il negoziato sulla produttività fino a che non sia ripristinata la piena applicazione del 28 giugno 2011 e superata la preclusione verso la nostra organizzazione e il riconoscimento dei diritti e delle agibilità sindacali” (5).
Un dichiarazione a dir poco scandalosa. A parte il richiamo all’accordo del 28 giugno 2011 (6), non si dice che un aumento della produttività, in una fase di crisi ovvero in una fase di stagnazione/recessione, condurrebbe inevitabilmente alla perdita di numerosi posti di lavoro e che quindi, un tale aumento, deve essere combattuto con tutte le forze. Non si dice che i padroni hanno già avuto tutto quello che hanno voluto negli ultimi 30 anni, grazie alla complicità attiva di Cgil, Cisl e Uil e della sinistra istituzionale. Al contrario si dice: che si faccia pure l’accordo sulla produttività, ma solo dopo che la FIOM, che non è in grado di conquistare nulla con la propria forza, sia stata gentilmente ri-ammessa al tavolo “negoziale” per il prossimo CCNL metalmeccanico che si presenta come l’ennesimo massacro per i lavoratori. Invece di prepararsi – e soprattutto di preparare i lavoratori – alla guerra frontale contro il padronato e i suoi lacchè politico-sindacali cosa fa la FIOM? Usa ignobili sotterfugi che svendono gli interessi dei lavoratori per recuperare terreno, sbandierando tra l’altro dati del tutto irreali sul proprio presunto consenso che, come si è potuto constatare con il “fuggi fuggi” di Pomigliano e Melfi dei mesi scorsi, è tutto da verificare una volta arrivati “al dunque”.
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Negli ultimi 15 anni la maggioranza FIOM (Rinaldini, Landini) e la minoranza “di sinistra” (Cremaschi, Bellavita) sono andate sempre d’accordo, essendo stato questo accordo cementato dalla necessità di fare fronte comune verso Berlusconi e non essendovi state contraddizioni di rilievo durante la breve fase di vita del Governo “Prodi 2” (2006-2008). La rottura dell’unità nella segreteria FIOM nasce oggi perché oggi si manifesta la divergente collocazione delle diverse componenti rispetto al quadro politico nazionale in vista delle elezioni e del futuro assetto di Governo (in sostanza, Landini a favore dell’accordo PD-Vendola e Cremaschi contro).
Landini e Airaudo hanno sempre avuto una relazione molto stretta con Vendola del quale però, da un po’ di tempo, temono l’eccessivo scivolamento verso il PD che controlla la componente di maggioranza della CGIL e la principale componente di minoranza della FIOM (quella legata a Fausto Durante). Per questo, Landini e soci minacciano la “discesa in campo” (7) di un pacchetto di uomini FIOM che dovrebbero andare a costituire la sponda istituzionale diretta dell’organizzazione sindacale trasformando la FIOM in una sorta di sindacato-partito per raccogliere elettoralmente il consenso che la FIOM avrebbe costruito negli ultimi anni (e che in realtà è tutto interno all’asin/istra).
La posta in gioco nello scontro interno alla FIOM non ha nulla a che vedere con gli interessi dei lavoratori che sono, aldilà della retorica verbale, i grandi assenti sia del dibattito in FIOM, sia – purtroppo – della scena politico-sociale. Si tratta di uno scontro politico tra componenti che vorrebbero usare l’organizzazione sindacale come strumento per condurre la propria battaglia politica. E siccome non si può usare il prestigio FIOM per condurre i lavoratori a sostenere Vendola-Bersani e, al tempo stesso, a sostenere Cremaschi ecco che lo scontro era inevitabile.
E pensare che solo due anni fa anche la quasi totalità dei gruppi “comunisti”, “antagonisti”, “rivoluzionari”, “anti-capitalisti”… faceva a gara nell’implorare Landini e compagnia di trasformare la FIOM nella “nuova speranza” dell’asin/istra dall’elettro-encefalogramma politico piatto.
Da Landini a Cremaschi, dai 600.000 del 16 ottobre 2010 ai 250.000 del 15 ottobre 2011 ai 150.000 del 27 ottobre anche i numeri – ormai stabilmente moltiplicati per 10 – indicano la tendenza al progressivo declino della sinistra neo-riformista ovvero del riformismo senza riforme. Tra le tante notizie, non è la peggiore.
Note
1) Cfr. Antiper, La sconfitta della FIOM in FIAT, 2012, areaglobale.org
http://www.areaglobale.org/index.php/it/interventi/questioni-lavoro/104-sconfitta-fiom-fiat
2) Sergio Bellavita, La rottura in Fiom è cominciata dall’ex-Bertone, controlacrisi.org
3) Tra l’altro nascondendosi vigliaccamente dietro le RSU, nonostante che in altri stabilimenti – come alla Piaggio di Pontedera – non abbia certo esitato a isolare i lavoratori e le RSU FIOM nella lotta contro il padrone -.
4) Sergio Bellavita, Le vere ragioni per cui sono stato dimesso.
5) Dalla Lettera di Maurizio Landini a Susanna Camusso del 23 ottobre 2012.
6) Come osserva, ancora, Sergio Bellavita: “Credo che l’Accordo alla ex-Bertone abbia in qualche modo spianato la strada alla Cgil verso l’accordo del 28 giugno 2011, quello che accoglie le deroghe cancellando il contratto. Oggi, dopo aver contrastato quell’accordo, Landini e Airaudo ne fanno un riferimento per la riconquista del contratto e di regole democratiche, senza peraltro nessun risultato e sapendo che assumere l’accordo del 28 giugno significa accettare, obtorto collo, le deroghe” in La rottura in Fiom è cominciata dall’ex-Bertone.
7) Lo strappo di Airaudo: «Landini è un Lula, il lavoro torni in Parlamento», Pubblico giornale, 5 ottobre 2012. Bellavita non è d’accordo con la “discesa in campo”, ma forse non è d’accordo con un certo tipo di “discesa”, visto che Giorgio Cremaschi è già da un bel po’ “disceso” ed ha cercato subito di intitolarsi, peraltro attraverso posizioni politiche deliranti, il risultato del referendum di Pomigliano (cfr. Giorgio Cremaschi, Il regime dei padroni, Editori Riuniti).