Marco Riformetti | Della decisione politica
Da Marco Riformetti, Lenin e la filosofia politica di Stato e rivoluzione, Tesi di laurea in filosofia, Pisa, 2017
C’è un punto ulteriore, ben colto da un vecchio intervento di Lucio Magri
“Per esprimerci con un paradosso che rovescia la celebre frase di Lenin: lo Stato “potrà essere diretto da una cuoca” solo nella misura in cui non esisteranno più cuoche” [84]
Come ricorda molto efficacemente Marx l’attività di cucire esisteva ben prima del mestiere di sarto e l’attività di tessere esisteva ben prima del mestiere di tessitore
“Né il rapporto fra l’abito e il lavoro che lo produce è certo cambiato, preso in sé e per sé, per il fatto che la sartoria diventi professione particolare, articolazione autonoma della divisione sociale del lavoro. Dove e quando è stato costretto dal bisogno di coprirsi, l’uomo ha tagliato e cucito per millenni, prima che un uomo divenisse sarto” [85]
Allo stesso modo, l’attività di cucinare esisteva ben prima del mestiere di cuoca. Sarti, tessitori e cuoche sono solo cristallizzazioni prodotte dalla divisione sociale del lavoro.
Uno degli effetti più deleteri del modo capitalistico di produzione è quello che spinge la divisione del lavoro ad un punto tale che non permette agli uomini di esprimere neppure minimamente la propria Gattungswesen [86] – la propria essenza generica, derivante dalla mancanza di vincoli istintuali rigidi [87] – ovvero la capacità del proprio agire sociale di oggettivarsi in molte differenti attività.
“…proprio dal fatto che la cosiddetta ‘essenza umana’ è storica e non naturale, la natura umana è vista come un Gattungswesen, cioè come caratteristica dell’uomo come ente naturale generico e non specifico, o più esattamente che si specifica storicamente solo sulla base di una genericità costitutiva precedente. In quanto ente naturale generico, l’uomo non è geneticamente prefissato a dar luogo a una e una sola forma di oggettivazione sociale. [..] L’ente naturale generico, cioè la Gattungswesen, che costituisce l’uomo come essere inscindibilmente naturale e sociale, permette all’uomo la storicità, che non è soltanto l’infinita produzione di configurazioni storiche e sociologiche diverse, ma è anche il luogo della perdita e del ritrovamento di se stesso” [88]
Lo sviluppo della società comunista produce il superamento in larga misura [89] della divisione del lavoro e soprattutto delle sue conseguenze gerarchiche; nessuno è più costretto ad essere per tutta la vita una “cuoca” o un “manovale” o un “filosofo” e il fatto che tutti possano occuparsi dell’amministrazione dello Stato diventa straordinariamente realistico anche perché, grazie alla fine dello sfruttamento capitalistico del lavoro e all’uso di macchine ergonomiche, gli esseri umani vengono liberati dalla necessità di dedicare al lavoro salariato [90], ovvero alla propria riproduzione, gli anni migliori della propria vita e le ore migliori della propria giornata – ovvero le proprie energie migliori – e potranno dedicarsi a tante altre attività come, appunto, la formazione necessaria per occuparsi dell’amministrazione dello Stato.
Nelle società contemporanee, in cui la scienza ci pone vieppiù di fronte a dilemmi tecnici e morali rispetto ai quali non siamo preparati, il “problema della cuoca di Lenin” si fa sempre più rilevante. Con la motivazione (o la scusa) della sempre maggiore complessità delle decisioni da prendere si produce uno spostamento dei processi decisionali verso luoghi sempre più distanti dalle persone; avviene, cioè, una progressiva espropriazione del potere decisionale popolare e questo è uno degli elementi che definiscono il carattere sempre più oligarchico e sempre meno democratico di queste società.
Come possiamo sapere se effettivamente la fusione nucleare sia una tecnologia più pulita della fissione nucleare? Quanti cittadini conoscono la differenza tra fusione e fissione nucleare? Su quali basi si può prendere la decisione se mantenere la fissione o passare alla fusione o escluderle entrambe? Evidentemente, in nessun modo.
Come possiamo decidere consapevolmente in merito ad un quesito referendario di questo tipo?
“Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?” [91]
Di fronte a scelte di questo tipo l’unica cosa che possiamo fare è delegare qualcuno di cui ci fidiamo a prendere la decisione. Se il partito che appoggiamo dice sì, diremo sì. Se l’associazione a cui apparteniamo dice no, diremo no.
Di più: delegheremo dei tecnici. Ma come facciamo a sapere se i tecnici operano le loro scelte pensando agli interessi popolari oppure ai propri? A chi deleghiamo le decisioni che riguardano la finanza? Agli operatori di borsa? E quelle che riguardano l’introduzione dei farmaci? Alle case farmaceutiche? È evidente che i problemi che Lenin pone in Stato e rivoluzione non sono per nulla “archeologia politica”; al contrario, sono i problemi che abbiamo di fronte oggi: soltanto, straordinariamente amplificati.
Note
[84] Cfr. Magri [1967].
[85] Cfr. Marx [1970], pag. 74.
[86] Cfr Marx [2004], [Il lavoro estraniato], pag. 66.
[87] Cfr anche Gehlen [2010] e Uexküll [2013].
[88] Preve [2004], pag. 160.
[89] Tra un attimo chiariremo perché sia poco verosimile l’idea del superamento integrale della divisione del lavoro sebbene Lenin, in Stato e rivoluzione, sembri presentare questo superamento in tale forma.
[90] Per quanto, anche in una società comunista ciascuno deve contribuire secondo le proprie possibilità alla produzione della ricchezza necessaria per garantire la riproduzione sociale. Dare lavoro e ricevere in cambio una quota della ricchezza sociale è pur sempre una forma di salario, di retribuzione del lavoro. Del resto Marx, parlando di un ipotetica forma di organizzazione sociale che chiama “associazione di uomini liberi” afferma: “Solo per mantenere il parallelo con la produzione delle merci presupponiamo che la partecipazione di ogni produttore ai mezzi di sussistenza sia determinata dal suo tempo di lavoro. Quindi il tempo di lavoro rappresenterebbe una doppia parte. La sua distribuzione, compiuta socialmente secondo un piano, regola l’esatta proporzione delle differenti funzioni lavorative con i differenti bisogni. D’altra parte, il tempo di lavoro serve allo stesso tempo come misura della partecipazione individuale del produttore al lavoro in comune, e quindi anche alla parte della produzione comune consumabile individualmente. Le relazioni sociali degli uomini coi loro lavori e con i prodotti del loro lavoro rimangono qui semplici e trasparenti tanto nella produzione quanto nella distribuzione” (Marx [1970], pag. 110)
[91] Cfr. Wikipedia, Referendum abrogativo del 2016 in Italia.