Marco Riformetti | Il Fronte di sinistra delle arti (LEF)
Tratto da Marco Riformetti @academia.edu, Comunisti, arte e cultura dal primo al secondo dopoguerra del Novecento, Tesi di laurea in “Storia e società” (LM84), maggio 2025.

Il Fronte non è un’istituzione ma un movimento – politico e artistico – del primo periodo post Ottobre; esordisce nel 1923 con il manifesto-programma Per che cosa lotta il LEF? pubblicato nel primo numero dell’omonima rivista (Majakovskij [1961]) ed è firmato, tra gli altri, da Arvatov, Aseev, Brik, Kushner, Majakovskij, Tretyakov, Chuzhak. Nel Programma vengono esposte le idee che caratterizzano il movimento e la principale di tali idee riguarda, come spesso accade in questa fase, il rapporto tra arte e società: l’arte, secondo il LEF, non dev’essere fine a sé stessa e gli artisti devono impegnarsi nella trasformazione rivoluzionaria a fianco delle masse popolari. Si arriva addirittura a parlare di uso propagandistico dell’arte
«Le competenze acquisite furono utilizzate per la propaganda e le opere artistiche richieste dalla rivoluzione»[33]
Il programma riepiloga la storia dell’arte d’avanguardia in Russia dai primi anni del Novecento, passando in rassegna la precedente fase futurista (compresa la rottura con Marinetti, fischiato a Mosca già nel 1913) e la successiva divaricazione in una “destra” e in una “sinistra”, soprattutto in corrispondenza della Rivoluzione del febbraio 1917. In questo riepilogo storico è chiaro il rammarico (e il rimprovero) nei confronti del potere sovietico per non aver compiuto una chiara scelta di campo a favore dell’arte di sinistra nonostante si sia ancora in anni in cui le avanguardie dominano la scena artistica e nonostante l’impegno politico espresso dagli artisti di sinistra sin dalle prime ore della rivoluzione
«È chiaro: alla vista dei talloni dell’intellighenzia in fuga, non ci è stato chiesto molto delle nostre convinzioni estetiche […]»
«Per promuovere le nostre idee, abbiamo organizzato il giornale “L’Arte della Comune”[34] e un tour tra le fabbriche con letture e dibattiti. Le nostre idee hanno conquistato il pubblico dei lavoratori. Il distretto di Vyborg ha organizzato un gruppo comunista-futurista. Il movimento della nostra arte ha rivelato la nostra forza nella creazione di roccaforti del Fronte di Sinistra dell’Arte in tutta l’URSS»[35]
Gli artisti che scrivono sulla rivista mostrano il carattere fortemente inter-disciplinare della ricerca condotta dal movimento; per sincerarsene basterà fare qualche nome: Sergei Eisenstein, Osip Brik, Vladimir Majakovskij, Boris Pasternak, Liubov Popova, Alexander Rodchenko, Sergei Tretyakov, Varvara Stepanova, Dziga Vertov… È chiaro che le arti coinvolte nella riflessione del LEF sono molte e spaziano dal cinema alla letteratura (e alla critica letteraria), dalla poesia all’architettura, dalla fotografia al design.

Il LEF è molto influenzato dal costruttivismo che a sua volta propone un’idea di arte come “arte di produzione” (Gough [2005]), rifiuta l’approccio individualistico al lavoro creativo e propone la trasformazione dell’artista in produttore di cose utili. Qui ovviamente potrebbe aprirsi un’ampia riflessione su ciò che debba essere considerato “utile”; possiamo limitarci ad osservare che, quando Marx parla di valore d’uso delle merci e più in generale delle cose, specifica con chiarezza che tale valore d’uso (tale utilità, per semplificare) è riferita alla capacità di soddisfare un qualunque bisogno, sia esso materiale, sia esso spirituale
«La merce è in primo luogo un oggetto esterno, una cosa che mediante le sue qualità soddisfa bisogni umani di un qualsiasi tipo. La natura di questi bisogni, per esempio il fatto che essi provengano dallo stomaco o che provengano dalla fantasia non cambia nulla» (Marx [1980])
Se ne potrebbe dedurre che, in termini marxisti, “utile” può essere considerato anche ciò che offre un semplice piacere estetico senza dover servire ad altro che a questo. Ma si potrebbe aggiungere che un bel quadro è meno interessante di un bel quadro che dice anche qualcosa di più dei suoi colori e delle sue belle forme. Sarà questo, in fondo, uno dei leit motiv del realismo socialista: che l’arte smetta, qualunque sia il suo stile, di rappresentare i ritratti o le epopee immaginarie delle classi dominanti e inizi piuttosto a raccontare la vita comune delle classi oppresse, anch’essa epica nella sua tragicità. Ciò che anima gli artisti rivoluzionari è esposto con chiarezza nel Manifesto: trasformare l’arte per trasformare il mondo; partecipare al processo del cambiamento rivoluzionario; rifiutare un’arte auto-contemplativa e separata dalla vita e rifiutare al contempo un’arte puramente riflessiva, naturalistica; superare l’idea romantica dell’arte come improvvisazione e gesto individuale per adottare un approccio consapevole e cooperativo.
Note
[33] Ibidem.
[32] Edito dall’ IZO (Dipartimento di Belle Arti) del NARKOMPROS (Commissariato del Popolo per l’Istruzione).
[33] Programma LEF.



